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27 dicembre 2023. Completo i pensieri di quest'anno con ragionamenti su temi cari e precisazioni non più importanti di altre fatte in passato che sono però legati all'uso delle parole ed alla loro storicizzazione. Parto dalla premessa che anche il famoso Carlo Lorenzini, per questioni tese ad evitare francesismi e per aderire all'uso dell'epoca, definì la sua creatura, poi divenuta sovranazionale: il burattino Pinocchio; anteponendone così la descrizione a marionetta, preferibile anche se, senza fili, si anima quasi 'motu proprio'. La fattispecie di burattino è così insita nella memoria e nella convinzione di qualsiasi lettore della storia di Collodi da non consentire di aver ragione se non, per chi ha voluto approfondire, dopo aver argomentato a dovere questa imprecisione.
La pedanteria semantica che qui attuo ha uno scopo: prendere le distanze dalla forma del manufatto di legno per valorizzare e far prevalere, alla fine del racconto, il bambino, futuro uomo, che si è formato nelle vicissitudini di incontri più o meno improbabili, che sono dietro l'angolo della vita di ciascuno di noi, che ci fanno maturare e lasciano dietro solo ricordi, a volte nostalgici, a volte liberatori, catartici, altre volte ancora solo strascichi lontani e quasi impercettibili di qualcosa che lascia l'amaro in bocca e che di tanto in tanto viene restituito alla lucidità di un pensiero fugace prima di ricadere nell'oblio. Dietrologia che ci conferma quanto sia bello sempre chiedersi se sia possibile passare indenni oltre la buca dell'errore senza cadervi dentro, pur non percependone un fondo, semi colmo di quanti vi si sono precipitati senza porsi domande.
Rimane forse più dirimente e risolutiva la definizione di pupazzo, che non impone necessità di comprendere se l'azione del movimento venisse impressa dal basso, da sotto la testa, o da fili, più o meno invisibili, dalla parte superiore. Nel caso di Pinocchio però è da subito evidente una scintilla di vita, che per certi aspetti, distoglie lo sguardo dall'errore veniale di Collodi e ci proietta ad indagare verso altre personalità in legno, stoffe, paglia e latta (sic! leggasi piuttosto rame, ottone ed alpacca) che appartengono alle battaglie epiche dei paladini di Francia. Da pupazzi a pupi il passo è breve. Quella che diviene più labile però è l'anima che li ha fatti vivere finchè sono stati espressione piena di valori da trasmettere, da poter essere raccontati nella accettazione di un pubblico pagante, che andava a rivivere le gesta a volte spesso anche attualizzate. Parlo di tempi lontani in cui l'informazione non era dei media come i cinegiornali o la televisione, nè come la rete, che è divenuta area social e di intelligenza artificiale. Ogni epoca ha i propri mezzi di espressione e di comunicazione. Tendono ad essere sempre più veloci ed immediati. Come autostrade ad alta velocità e densità di circolazione sono affrontabili solo da chi è dotato di grandi riflessi, abilità non comuni di guida, poderosi freni. Il tutto condito dalla grande convizione di essere maestri di guida, come se non esistesse niente di sovraordinato.
Ma che sia da sopra o da sotto o dai lati, qualcuno tenterà di guidare ed orientare sempre ogni nostro movimento. Anche le più grandi libertà passano per grandi tirannie. La percezione della differenza la si può vivere solo dal confronto. La storia ci insegna che i più grandi eroi che hanno combattuto per la libertà lo hanno fatto a discapito della stessa vita, intesa anche solo come qualità dell'esistenza, tra prigionie e tentativi di corruzione del proprio pensiero.
Leggo che anche Giovannino Guareschi, il padre dei romanzi di Don Camillo e Peppone, editore della rivista Candido, coautore con Pasolini del film del 1963 intitolato "La Rabbia" in cui fa accenno al concetto di "Vita brevis, ars brevis" che rimanda alle velocità di cui sopra, al verdetto che lo condannava, contro De Gasperi, a 12 mesi di reclusione per diffamazione a mezzo stampa, fu il primo e unico giornalista italiano a scontare interamente una pena detentiva in carcere, a non sottrarsene con l'espletamento dell'appello e ad esprimersi così dalle colonne del suo giornale: «Per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione.»
Dentro grandi casse provenienti dalla vecchia sede del teatro di pupi di Acireale, uno dei più vecchi di Sicilia, che è stato gestito dal cavaliere Emanuele Macrì dal 1934 sino al 1974 e, prima ancora, dal fondatore don Mariano Pennisi già dal 1887, ho avuto modo di portare alla mia attenzione ciò che qui mostro in questa immagine significante. Si tratta di due scudi di pupi siciliani dell'immediato dopoguerra, dalla singolare appartenenza, non riconducibile dunque nè ai Saraceni, nè tantomeno ai cavalieri Cristiani, ma al Movimento Sociale Italiano ed al Partito Comunista Italiano.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Da un punto di vista regionale, la Sicilia ha sempre svolto un ruolo di laboratorio politico rispetto al panorama nazionale, sviluppando tensioni, conflitti e fratture che potevano risolversi solo per la terza narice (intuizione sempre di Guareschi), figurata valvola di sfogo del naso che impediva al cervello di soffocare nel compiere l'ordine di partito che si richiedeva di effettuare senza ripensamenti, senza contrordini. Ecco dunque già dal 1944 che il PCI assume caratteri nazionali, il segretario regionale del partito, Girolamo Li Causi, trasforma il PCI siciliano in "un’organizzazione di massa, impegnata in una battaglia contro il latifondo e il sistema feudale che ancora dominavano nelle campagne siciliane, contro i poteri mafiosi e per un’accentuata autonomia regionale." (A. Battiato consultato su Aetnanet.org) ed ancora "era soprattutto nell’isola che il centrismo metteva l’elmetto, impegnandosi in una contrapposizione più dura nei confronti delle sinistre, fino ad esportare le logiche sullo stesso piano nazionale". Dal canto suo il MSI, negli stessi anni, cercava di scrollarsi di dosso una posizione atlantista che nel rinnovato vigore di un partito che conserva parte di quella fiamma nel simbolo non sembra discostarsi da un eguale, persistente atteggiamento.
Questo non ha impedito a cantastorie senza pupi, ma anche a narratori e "manianti" di prendere posizioni forti attualizzando le storie di lotta dei paladini contro stregoni e maghi e draghi e serpenti alati, mutuandole con simboli di fiamme tricolore e bandiere rosse sventolanti. Questo ne è un esempio concreto che ci dice cosa ci siamo persi dalla mancata tradizione dei contenuti orali delle rappresentazioni.
I pupi sono patrimonio dell'Unesco, ma tutto ciò che gli stessi potevano ogni giorno dire e manifestare resta nelle gestualità e nelle improvvisazioni di chi le compiute. Di ciò vi sono ormai poche tracce*. Sulla base di quanto ho potuto raccogliere in questo ritrovamento, ho potuto comprendere che le posizioni di simpatia erano per la bandiera rossa, anche a fronte del retro di uno scenario, nel quale era stato ricavato un messaggio di espressione di voto per un candidato di quella precisa appartenenza. Senza prendere posizioni, sarebbe stato interessante capire, di sera in sera, quale andamento assumevano i combattimenti dei contendenti snodabili sino al ginocchio**, anche in senso di dialogo latifondista quando non piuttosto di autonomia.
Anche Don Camillo e Peppone, nelle restituzioni cinematografiche dei due personaggi animati da Fernandel e Cervi, possono essere viste perciò come marionette perfettamente calibrate con la viva esigenza del tempo che imponeva grandi comizi in piazza, slogan contro la patria, in una contrapposizione cristiano-laica in cui i due soggetti erano figure complementari della stessa realtà. Non si può escludere che il grande successo di quei film abbia determinato esigenze sceniche di egual misura anche nel teatro popolare dei pupi. In entrambi i casi, agli spettatori era consentito di osservare uno scontro in modo indolore, ma non del tutto distaccato dalla consapevolezza dei problemi della politica nazionale in quegli anni in cui la guerra fredda, che era appena fuori dai confini nazionali, costituiva motivo per creare ogni tipo di crisi di aspettative, incertezze e sfiducia verso il futuro. Con questa traccia lontana che proviene dal passato ritorna prepotente il concetto di terza via, di ulteriore visione. Dal pensiero ingabbiato e calpestato, si passa così al pensiero mediato che cova tra le ceneri una favilla non spenta, che attende di riardere. Finchè duelleranno i contrasti delle appartenenze politiche di facciata, non saranno mai toccati i veri problemi che l'umanità deve affrontare. Per certi aspetti, avere spento ideologie così forti, per quanto pericolose, ha discostato i nuovi nati dalla percezione del blocco epocale nel quale ci troviamo che non è dato da due fronti, ma dal tutti contro tutti.

*Segnalo ad esempio le documentazioni audio visive raccolte, già negli anni '60, e consultabili, su appuntamento e da pochi anni, presso la mediateca del Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino di Palermo.

**La caratteristica dei pupi della area orientale siciliana è riscontrabile nella gamba intera, non snodata, che imprime meno movimento e torsione, ma maggiore vigore negli scontri e possibilità di maneggiare pupi che arrivarono a pesare oltre 35 kg.

 

26 novembre 2023. A conti fatti e a mente fredda, rientro dalla sessione autunnale della mostra scambio di Palermo. Due soli tavoli dedicati alla latta. Tutto intorno solo automodelli di recente realizzazione e fermodellismo. Mi risulta che a Novegro nel medesimo giorno di oggi ci siano stati meno di 10 tavoli dedicati al medesimo argomento su circa 800 messi a disposizione. A conti fatti, perciò, e a mente fredda, mi rendo conto che questo collezionismo sia ormai ad una svolta. Intendo dire che la parte commerciale sta declinando a vantaggio di altri temi più legati alla nostalgia dei collezionisti disposti a riempire le proprie case di "diecast robots, retrogames e boardgames" degli anni '80 e seguenti. Ho voluto usare il termine in inglese per rafforzare il senso di lontananza a cui non dover riconoscere colpe se non quelle di non appartenere direttamente alla cultura che nasce in loco.
Con celerità, dettata dall'ulteriore urgenza di alimentare le mie aspettative, saluto questo momento storico che in altri campi sta creando nuove modaiole esigenze di cannibalismo e spero che sempre in meno siano gli amanti di ciò che mi piace. Questo può solo abbassare i prezzi, anche se impedirà di completare parte della ricerca perchè diminuiranno le fonti di approvvigionamento.
La caccia è ancora molto lunga, piacevole anche se più solitaria. Ma questo è il tempo dell'etica del viandante, come sostiene Galimberti, riprendendo in parte temi che sono già di Habermas e su cui conviene trattenere un respiro prima di ragionarci sopra ed esprimersi riuscendo a comprendere, nel tempo dei passaggi, se ci si può davvero sentire estranei.

 

6 novembre 2023. Olio Belting Italiano. Per la manutenzione e la conservazione di tutti i cuoiami.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

4 novembre 2023. Scritta a settembre di 4 anni fa. Non ce l'avevo con nessuno. La stavo cestinando.
Perpetro
apodittico
portando porfido
granitico
prospetto
provvido
enfatico
riporto e porgo
profetico
la eco solida
del mio ottimo.

 

29 ottobre 2023. "Vola la fama sua per ogni regno e mostra l’opra sua per ogni clima". Questi i modi per definire i postumi del dopo BOLOGNA AUTO D'EPOCA. Ma per me la stima resta ancora a chi fu per primo iscritto questo verso, l'artista Joseph Bruno che con un suo manufatto di paste vitree smaltate su superficie metallica, mi ha fatto dimenticare la gravità di aver mancato l'evento della Dotta di cui tutti parlano. Se il pentimento poteva consistere nel non aver inseguito la Balilla della OMAS con scatola originale "ad esploso", a giudicare dai prezzi sentiti per questo come per molti altri oggetti, penso che le aspettative dei commercianti fossero davvero finalizzate ad aumentare, per l'ennesimo evento, l'impoverimento del suolo e del parco auto italiano, in scal avera ed in miniatura. A solo titolo di esempio, una fiammante P2, prima serie, con scatola originale blu, è andata a dimorare in Olanda. Grande presenza di sportive, anche della marche minori o degli artigiani. Insegne e smalti come se piovesse, sempre più accondiscendenti ad i nuovi gusti "MELTIN POP" (da non confondere nè con MELTING POT, nè tanto meno con MINCULPOP),che stanno consolidando un secondo decennio dal sapore anni '70. Quel sapore che il tempo condannerà perchè troppo variegato e che porta facilmente allo sfinimento. A conti fatti, in uno spazio raddoppiato, Bologna non ha fatto sentire a nessuno la perdita di Padova. Con l'aggiunta dello spazio per le moto d'epoca, lo spettacolo è stato garantito a tutti i palati. Del resto sono i numeri e la vastità a determinare il successo. Attendo adesso di sapere cosa ha apportato agli amici questa edizione speciale, prima di una lunghissima serie.

 

19 ottobre 2023. L'auto perfetta per questa stagione incerta.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

CABRIO 358/359 CKO. Meccanismo con carica a molla per andare in avanti. Altro meccanismo con leva a scatto per consegnare un pilota in pasta al cielo aperto. Made in U.S.-Zone Germany. Scatola originale in cartoncino corrugato.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

14 ottobre 2023. DE IMPUTATIONE CENTENARII. Già dalla fine del 2021 si è parlato e, di conseguenza, celebrato il centenario della nascita della Lancia Lambda. A rigor di logica se ne doveva parlare da tempo, poichè risale alla fine del 1918 la richiesta, da parte di Vincenzo Lancia, di brevetto per un nuovo modello di vettura che verrà rilasciato però solo nel 1919.
La prima uscita del modello che più somiglia alla Lambda è però soltanto del primo settembre del 1921. Per questo gli atti celebrativi del Lambda World Register, di cui sono fiero di essere anche io membro con un modello quarta serie, passo corto, del secondo semestre del 1924, hanno già dato fondo alla rievocazione più importante al compimento del centesimo anno da quella prima occasione di uscita di prova. Si trattava ancora di prototipo. La forma stessa del radiatore era a ferro di cavallo rovesciato di bugattiana memoria. Si intravede tutta la forza compositiva, ma la macchina non è ancora quella che tutti hanno poi potuto conoscere.
Sarebbe allora più opportuno parlare di centenario risalendo alle prime presentazioni ufficiali, con le apparizioni ai saloni di Parigi e Londra del 1922. Anche la commercializzazione vera e propria, quella che ha consentito ai privati di poter usufruire di questa splendida realizzazione declinata in 9 serie sino al 1931, parte nel 1922, ma si attua solo con le prime consegne che sono del giugno del 1923. Qui sotto pubblico, dalla mia collezione cartacea, una foto esplicativa di richiesta di conferma di prenotazione dell'Agenzia Minetti di Milano del 6 maggio 1922; da essa desumiamo che l'auto non era ancora stata presentata ma occorreva già l'anticipo di un terzo del prezzo per potersi accaparrare la vettura definita leggera. In effetti un modello completo pesava appena 100 chili in più del solo autotelaio di una Lancia Kappa del 1919 che andava poi carrozzata sino a superare ampiamente le 2 tonnellate!

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Prima di giugno dell'anno in corso, a mio avviso, era perciò ancora entusiastico, e quindi prematuro, parlare di centenario. Spiego perciò perchè ritengo che sia quello in cui scrivo il momento più giusto per parlarne. Perchè ogni stile nasce da un cambiamento e, perchè il cambiamento avvenga, occorre superare l'abitudine di pensiero, visivo e logico, determinato dal vecchio ordine.
Non è pensabile un modo di operare comune che non derivi dalla continua infinita ripetizione di azioni che sottendono alla modifica del comportamento stesso. Con lo stesso principio, per abituarsi a pensare che qualcosa esista, la massa deve vederla, o quantomeno sentirne parlare, al punto da visualizzarla o riconoscerla senza averla mai vista. La Lambda, visionaria anticipazione di tempi, che scaturì dalla testa di monsù Vincenzo, doveva essere instillata anche agli altri costruttori del mondo automobilistico. Solo l'uscita nel mercato e la libera circolazione poteva addurre questo stile anche al resto del mondo.
Spiego adesso cosa intendo con le parole stile e cambiamento riferite alla Lambda. Userò perciò questa espressione:"longilinea bassa veloce presenza d'alta gamma". La Lancia Lambda ha queste caratteristiche: pur avendo un costo elevato ma non proibitivo, non era un auto per tutti. Ovunque si trovasse era oggetto di osservazione per la sua diversità, in quanto bassa alla linea di cintura; veloce non tanto per i motori delle prime serie, ma per le soluzioni prestazionali di tenuta sulle strade sconnesse dell'epoca; longilinea per la sommatoria di questi primi due requisiti a cui si aggiungeva il terzo aspetto costituito dalla linea filante delle versioni a passo lungo.
Cento anni fa si cominciano a vedere scorrere per l'Italia le prime 400 auto della prima serie. Ancora poche per essere bastevoli a cambiare un gusto, sufficienti per far girare l'eco della straordinaria eleganza di un'auto che si guidava quasi come un modello attuale e che nel sistema delle sospensioni non aveva niente da invidiare a modelli molto più moderni e complessi. Forse solo la Citroen DS con le spettacolari immagini pubblicitarie nelle quali la si è vista incedere con tre ruote su quattro, grazie alle sospensioni idropneumatiche, creava un senso di leggerezza e di eleganza che, al passo con i tempi, ci ha anche portato sulla Luna. Con quest'ultima citazione è meglio effettuare una "sospensione". Lo faccio con questa immagine che dovrebbe essere esaustiva della espressione che ho usato più sopra.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Nel 2021, arrivando secondo o desistendo dal concorrere in ulteriori rialzi che è la stessa cosa ma con un diverso gusto o stato d'animo, ho perso l'opportunità di aggiudicarmi il modello torpedo di colore rosso che è stato aggiudicato da RLS Auction negli Stati Uniti ad un collezionista italiano e che ho pubblicato nelle pagine del BLOG in occasione del centenario della prima uscita.
In perfetta corrispondenza con l'idea che sia questo l'anno del vero centenario della LANCIA LAMBDA, accludo oggi alla collezione LITOLATTA questo bel modello di berlina dalla insolita colorazione verde e giallo (vista solo nella torpedo), poichè delle berline si conoscono nella letteratura solo le due colorazioni blu e giallo, o rosso e giallo. Dotata anche di scatola originale con effetto stampato di cuoio di coccodrillo, questa meravigliosa auto giocattolo è dotata di meccanismo a molla e circuito di illuminazione elettrica dei fari e della targa posteriore. Filo sterlingato, batteria a parallelepipedo da 4,5 volts, lampadine ad incandescenza a bulbo schiacciato sono le caratteristiche di bellezza di un tempo passato che permettono di riconoscere i quasi cento anni di età del giocattolo.
Ma qui casca l'asino! Riprendo il discorso della imputazione temporale di partenza. Se devo riferirmi adesso al giocattolo, la Lambda realizzata da Alemanni deve ancora attendere 4 anni per divenire centenaria. Si. Perchè è targata "1879- MI", quindi è successiva al 1927.
A partire da questo momento temporale la vettura era ormai consolidata nel bagaglio d'immagini della collettività. Per questo si poteva realizzare un bel macchinone giocattolo da 37 cm. Perchè tanti bambini volevano avere la macchina di papà!
Per dirla tutta, anche alcuni papà che non potevano acquistare quest'auto dei desideri, perchè troppo cara, si accontentarono di avere una ben diversa e più modesta vettura che fecero poi carrozzare alla maniera della "torpedo tipo Lambda". Sono note trasformazioni di Schieppati su meccanica Fiat 509A ed anche della Carrozzeria Italiana su modello ANSALDO tipo 4H. Un ipotetico scontro sulle strade battute non avrebbe sortito alcun effetto salvifico per queste auto imitazione, a poco servendo imitarne l'aspetto d'insieme, che avrebbe avuto la meglio soprattutto per l'occhio non allenato di chi non poteva permettersi macchine a prescindere. Non certo la centenaria Lambda.

 

30 settembre 2023. Immagino che Pinuccio sia stato una furia da piccolo... questo fa intendere la scritta d'augurio che il donante ha ritenuto doveroso precisare scrivendolo a penna, con una condizione temporale, posta sulla scatola di questo treno Ingap, che fa riflettere su cosa possa essere in effetti poi avvenuto.
Un certo tipo di letteratura della pedagogia insegna che, verso qualsiasi bambino, a prescindere dalle inclinazioni verso l'essere buono o cattivo, una richiesta di comportamento basata su condizioni vicine al ricatto, non produca alcun effetto avverativo. Non si può dire: "Ci giocherai solo se sarai Buono".
Ma analizziamo la forma temporale ed il verbo usato. Chi comprò il regalo scrisse: "a Pinuccio purché diventa Buono". Tralascio l'aspetto, non secondario, della B maiuscola che rimarcava una necessità di Bontà con gli attributi e non una mera e semplice approvazione vaga dal punto di vista morale circa un comportamento effimero e di sola risposta per utilizzare il regalo a proprio piacimento. In corsa, si scorge una correzione della "a" finale di "diventa" a favore di una "i" che rende corretta la locuzione verbale "diventi buono" che omette ancora la parte più importante... ad esempio: con i genitori, con i fratelli, con i vicini, con il mondo intero.
La condizione che il generoso donatore sperava ardentemente, potrebbe essere stata talmente tanto lontana, da impedirgli di esprimere con compiutezza se la sfumatura desiderata fosse in un senso di cambiamento repentino e fugace, quando non piuttosto definitiva e tombale. Da qui la confusione determinata dal volere forse scrivere "divenga". In tal senso la correzione sarebbe dovuta avvenire sostituendo la "t" con una "g". Ma richiedere il divenire, piuttosto che il diventare, è una sfumatura peggiorativa. Per questo è probabile che ciò che si legge oggi è ciò che più facilmente di solito avviene in circostanze consimili. Alla base si trattava solo di un errore grammaticale veniale, corretto in corsa, e determinato, nel processo logico che ha condotto all'acquisto ed alla scrittura del messaggio, dalla efferatezza dei comportamenti del giovane virgulto che, concludo, avrà disatteso al suo compito di cambiamento, rendendo così questo trenino il perfetto oggetto per collezionisti: mai giocato e dotato di scatola che lo protegge dalle angherie di Buoni e, soprattutto, Cattivi.
Pinuccio da grande potrebbe aver fatto deragliare un treno vero, quando semplicemente non aver preferito rispondere con cattiveria e perfidia a qualsiasi altro stimolo che gli venisse posto di fronte nella vita degli affetti, in quella lavorativa ed in ogni altra estrinsecazione del proprio essere. Non sarà stato questo treno a cambiarlo. Non sicuramente la condizione posta sul cartone superiore della scatola da parte del donatore. Nessun do ut des. Niente di niente. Pinuccio è la rappresentazione del male estremo ed assoluto e questo reperto ci permette di percepirne incidentalmente tutta la sua forza distruttiva...

Foto presa dal web

 

 

28 settembre 2023. Trovato il primo coupon, non sarà facile trovarne altri 9. E' filigranato e va spedito ad un indirizzo che non esiste più... sempre poi che non si mettano di mezzo i soliti falsari!

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

 

27 settembre 2023. Biancaneve e i sette nani. Prima apparizione assoluta in Italia con stampa dell'ottobre del 1938. Mi dispiace che non sia mai stato realizzato niente in latta in Italia.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

 

11 settembre 2023. ... e poi, un bel mattino, Ti svegli e sono passati 22 anni e Ti rendi conto che il tempo stringe ed i bluff aumentano a dismisura... l'unica posta in gioco è la Tua e dall'altro lato il piatto è vuoto in un eterno "ALL IN". Nel contempo da quando io recepisco l'urgenza sono trascorsi oltre 50 anni di opportunità...

 

28 agosto 2023. Chi pensa di operare correttamente, senza alcun intento di restare criptico o di voler trarre profitto da un atteggiamento diversivo e divisivo, sa che deve saper dosare ed utilizzare le parole, cercando di porre attenzione ad evitare di abusarne o di travisarne il significato principale. In tutte le epoche, dietro un significato condiviso di una parola, in base a quelli che erano i punti nodali su cui si basava la coesistenza di potere, società e diritti del singolo uomo (che più si va a ritroso e più comportavano distinzioni peggiorative sia di genere: uomo e donna; sia di status: libero e schiavo) potevano celarsi significati nascosti o secondi fini, quando non modalità per fare esattamente l'opposto di ciò che la parola si prefiggeva.
Credo fermamente che le parole siano importanti. Ce lo ha detto, anzi veramente... ce l'ha urlato, in toni morettiani, dimenticando forse un po' i modi dietro l'alibi del pensiero ad occhi aperti, il protagonista di "Palombella Rossa", "rosso malpelo" avulso dalla novella verghiana (ne uso le somiglianze, giocando anch'io con le parole, per raccontare una diversa storia che è anche giuramento di appartenenza che gli farà valere molti David di Donatello, non sempre meritati).
"Le parole sono importanti!" ed ogni epoca ha le proprie, al punto che, se riconosciute in modo universale, a prescindere dagli intenti che le sottintendono, sono uno schiaffo per chi si permette di andarvi contro.
Appena acquisita questa insegna, la pubblico, non ancora pulita, nella sua interezza, senza censure. Non perchè ci sia alcun intento celebrativo che in me è assolutamente scevro, ma solo per rendere evidente e senza dubbi l'epoca realizzativa.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

Dalla premessa semantica alla deduzione etiologica. PROTEZIONE DELLE DONNE. La si dovrebbe fare sempre. A prescindere da qualsiasi targa, appartenenza, logica, imposizione, dinamica, scopo, necessità. Prima le donne ed i bambini. Per quanto anche questi ultimi, sempre dopo le donne.
Se quindi, nell'epoca in cui è stata realizzata questa insegna, l'intento di protezione sottintendeva il mero fine di aumentare il numero delle nascite, riconosciuto con la protezione, ad opera di donne italiane di provata fede fascista e irreprensibile condotta morale, di cui era costituita la federazione dei fasci femminili, prima di finire svuotata di ogni contenuto ed essere ricompresa negli organi di regime in cui occorreva solo indottrinamento, operato con la propaganda. La maternità riconosceva alla donna il ruolo di «fattrice di soldati per la Patria», così promuovendo le mire espansionistico-colonialistiche di un partito che celava dietro le parole, contenuti assai discordanti con le esigenze del popolo. Nei medesimi tempi si prometteva alle donne il suffragio universale che, servì per trarne molte adesioni, ma che comporterà l'effettivo risultato solo dopo la riduzione geografica di questo potere, che permutando in Repubblica Sociale Italiana nei soli territori di influenza tedesca, quindi anche prima della nascita della Repubblica Italiana nel 1946, cercava di recuperare consensi in una Italia divisa a metà.
Oggi questa scritta, in altre epoche utilizzata per secondi fini, non ha perso il significato primario e più nobile, ridiviene ancora più attuale dopo i fatti di Palermo dello scorso 7 luglio, non primi e neanche ultimi nella catena di eventi di ordinaria follia che si compiono continuamente nelle modalità più disparate.
Duole pensare che sia occorsa una targa smaltata ed un ufficio deputato per poter ricordare a tutti che madre natura è donna e come tale va rispettata, senza bisogno di avvisi o insegne di sorta.
Per la cronaca, questa bella targa smaltata dalle dimensioni generose di 50 x 56 cm, non è stata staccata da un muro in tempi attuali. Era invece riposta all'interno di un armadio della famiglia che accoglieva in uno dei propri stabili l'attività che diuturnamente si è svolta in un periodo buio quale è quello dell'epoca fascista, dove il comportamento della massa ottusa e non pensante, o che agiva per meri interessi privati, ha prevaricato su quella minoranza che operava con libertà di pensiero per il bene comune. Un po' come in tempi di Covid. Perchè anche durante questi ultimi anni, una guerra civile con la caccia all'untore non vaccinato, mi ha ricordato molto le stelle applicate sulle porte o sui vestiti.
Concludo dicendo che tutte le parole sono importanti, anche quelle non dette e non spese che contribuirebbero all'apertura di un pensiero più libero.
In questo caso, da collezionista, la mia parola è spesa per ringraziare Martino e la sua sensibilità che travalica l'interesse economico e rende grandi queste pagine.

 

24 agosto 2023. La toccata e fuga in terra calabra ha manifestato i suoi frutti con questa splendida auto tedesca dalle forme non consuete. Ma l'avveramento della promessa di un signore d'altri tempi è stata la vera conferma che vivere positivamente è la migliore delle scelte.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

4 agosto 2023. Due Space Conqueror a confronto per il miglior restauro.

 

7 luglio 2023. Da Treviso dal 1936 a Preganziol nel 1941, il primo spostamento dell'azienda Ventura non costituiva grande impegno di distanza ed era nel contempo principio di allargamento di orizzonti. Il secondo spostamento, invece, quello dalla seconda sede allo stabilimento di Torno, in provincia di Como, costituì decisamente una più importante scelta che andava al passo con i tempi. Era il 1951, anno in cui Gianni Lancia fa esordire il coupe B20 e nasce il reparto corse. E' l'anno in cui Touring presenta l'Alfa Romeo 1900C Sprint a cui si è ispirata Ventura per la realizzazione del suo capolavoro giocattolo.
L'innovazione ha sempre incuriosito le grandi aziende ed anche questa fabbrica di giocattoli, nell'arco della sua vasta produzione, non si è mai sottratta alle mode che dettavano una tendenza. Anche perchè gli acquirenti dei bei giocattoli Ventura si ispiravano a loro volta da tutto il bello che li circondava. Era una reciproca conferma quella che univa Ventura ai suoi clienti.
Mi piace pensare che Angelo Ventura facesse una bella vita, anche se non ho modo di averne conferma. Immagino perciò che le ispirazioni derivassero anche da ciò che era sempre dinanzi ai suoi occhi. Negli anni '40 il catalogo dell'azienda è pieno di battelli fluviali, motoscafi a cabina chiusa, da corsa, anfibi a cabina, un idrovolante, anche un pesce meccanico e persino una nave di nome Gina nella versione da diporto, di nome V25 nella versione cannoniera, entrambe simili al Nautilus di Verne. Il desiderio di volere un'azienda proiettata su un lago era piuttosto vivido. Tra le altre produzioni del medesimo catalogo sono visibili anche canoe con navigatore e poi... l'apoteosi del sogno e della fantasia unite alla migliore delle condizioni rilassanti di trastullo in prossimità di riva, un personaggio in moscone (il pedalò inventato alla fine degli anni '30, quindi ancora di gran voga). Ma di tutti i personaggi che si poteva pensare di usare, l'invenzione di un Pinocchio che pedala, appartiene solo all'italica gente.
Finora visto dai più fortunati in catalogo, quindi solo in bianco e nero. In realtà a me noto da oltre 15 anni, quando l'ho rivisto ho pensato che si trattasse di un secondo esemplare. Invece è sempre lo stesso, riemerso a seguito degli spostamenti che non derivano da pedalate vigorose, ma che seguono superlativi esemplari come il Pinocchio in moscone nella traduzione da un luogo incantato ad un altro. Cambia il possessore, non cambia il bello che vi è intorno. Noi siamo di passaggio. Pinocchio continua ad essere invece di tendenza... rilassato, non troppo abbronzato.
Ringrazio l'amico Bruno Romano per averlo condiviso. Buona estate a tutti!

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

8 giugno 2023. 51

 

7 giugno 2023. Nelle ultime notti, Emma sorprende per i suoi esercizi di stile che l'approssimano a Morfeo. In chiave diversa dalle esigenze di Raimond Queneau che utilizzava costruzioni enigmistiche, retoriche o si avvaleva di linguaggi settoriali, quando non di gerghi o lingue maccheroniche (di cui anche Lei è una eccelsa testimone praticante) per raccontare la stessa storia di un distinto parigino alle prese con un bus affollato, gente che spintona ed un bottone sciancrato; Emma ha una sua particolare visione, sempre diversa dell'ultimo istante prima di abbandonarsi al sonno ristoratore. Qui di seguito la serie:
Niente. Copertina fresca. Niente copertina. Cuscino. Cuscino in verticale. Piumino. Piumino senza pieghe. Piumino senza cuscino. Niente piumino. Niente di niente. Copertina del Gruffalo. Cuscino. Niente copertina del Gruffalo. Copertina di Bastoncino. Niente copertina. Rilancio sulla copertina del Gruffalo. Eco di Ronf Ronf Ronf.

 

5 giugno 2023. Cosa accomuna e cosa differenzia un collezionista compulsivo, un cleptomane ed un ladro? La resistenza all'impulso irrefrenabile certamente è un primo elemento di unità e non di differenziazione. All'impulso i 3 casi patologici non rispondono. Obbediscono tutti all'ordine che scatta perentorio nel cervello ed effettuano l'acquisto secondo un elemento differenziale: Il collezionista spendendo anche ingenti capitali incurante del valore assoluto ampiamente superato nel gesto d'acquisto. Il cleptomane non riconnettendo alcun valore all'oggetto ghermito, poichè anche l'appropriarsi di quello che ne è privo è ininfluente rispetto all'effetto emozionale amplificato che si ha al compimento dell'atto illecito. Il ladro infine dando grande importanza al fatto che un valore debba pur averlo (in quest'ultimo caso una ulteriore differenza si potrebbe fare tra un ladro di galline ed un provetto Arsenio Lupin, tra i quali si potrebbe anche allocare in mezzo un Robin Hood, ma non esageriamo nelle distinzioni fuorvianti).
La differenza può perciò stare nella misura degli anni di galera che sottendono il singolo operato.
Ci si potrebbe chiedere se possano coesistere le tre condizioni di malattia (sic!) nella stessa persona, dato che, fatto non scontato, a volte capita di non avere sufficiente denaro, il che impedisce al collezionista di potere soddisfare l'impulso insopprimibile, trasformandolo in modo larvale in un impotente cleptomane preda di un sentimento non comprensibile sulle prime che, nella reiterazione del gesto anche in momenti diversi della propria esistenza, e soprattutto, nell'innalzamento del valore di ciò che si sottrae non onestamente, tramuta il compulsivo clepto-collezionista in un patentato ladro... di galline.
Questa premessa mi serve per riferire dei fatti accaduti soltanto ieri alla edizione pre-estiva di Novegro Giocattoli. Senza girarci intorno, da due diversi tavoli, sono spariti due giocattoli di latta. Ma l'aggravante non è determinata dal fatto che i proprietari abbiano ritenuto opportuno di non vigilare a dovere i loro tesori, forse anche assentandosi saltuariamente, per come mi è stato riferito. La cosa grave è che gli oggetti in questione siano grandi ed appariscenti, oltre che di pregio e quindi di un ordine economico che può solo fare arrabbiare, quando non disperare, i proprietari.
A prescindere adesso dal volere dar aggettivi a chi abbia compiuto i gesti in questione, che hanno anche l'aspetto di una matrice comune, desidero ricostruire, fantasiosamente ed in modo del tutto ipotetico, quello che sia successo subito dopo questi atti scellerati, nell'incuranza più generale di quanti erano intorno.
L'omarino Michele (nome di fantasia, come poteva essere Ugo o Domenico) con il cuore a mille otteneva dal suo comportamento la corretta alchimia chimica che dona soddisfazione per qualche secondo. Per tutto il tempo della camminata è inizialmente sereno ed avvolto da un coro di angeli, è calmo e misurato, se qualcuno gli volgesse lo sguardo vorrebbe anche restituire un sorriso misto di complicità ed approvazione, ma non lo fa per non destar sospetti. Poi un colpo di tosse lo raggiunge alle spalle e lo fa repentinamente accelerare, l'adrenalina incipiente fa il resto ed aumenta la reattività sino a tramutarlo in un corridore centometrista. Mentre il signor Ugo (altro nome di fantasia, potevo chiamarlo anche Ivo o Carlo), la persona che ha espulso aria dai polmoni per mera coincidenza, riprende a dialogare con l'amico commerciante di Politoys, disquisendo sulla bellezza della indeformabilità della prima serie ad assali rigidi, rispetto ad una seconda serie a molle, che nel tempo acquista troppa elasticità, il nostro ipotetico Michele ha già raggiunto la pace dei sensi dentro la propria Euro 4 Benzina che gli consentirà di delinquere ancora sino al primo ottobre del 2028, ma soprattutto di tornare a casa.
Immaginiamolo già a casa. Da solo a guardare la sua vetrinetta posta all'ingresso di casa. Lo ha atteso, Vladimir, un cane rachitico che, oltre a somigliargli, perde il pelo per via di una demodicosi non diagnosticata, perchè non genera prurito nel povero animale immunodepresso, che si scaraventa sul sacco del maltolto e vi urina sopra per una copiosa incontinenza determinata solo dall'attesa e non da manifestazioni di sentimento positivo per il proprio padrone, nei cui confronti nutre una modesta sopportazione da coinquilino. Michele si rimette in pigiama, mette solo la parte inferiore quella con il buco sul ginocchio, resta in canottiera, sudata ed appicicaticcia. Completa la deglutizione di un toast freddo con mezza sottiletta e si da delle arie. Desideroso di chiamare l'amico a cui voler confidare dell'acquisizione di almeno uno dei due acquisti gratuiti che la mostra gli ha consentito di fare, conviene con se stesso, nel medesimo istante, che non ha amici a cui confidare questo gesto. Tace anche a se stesso la condizione di essere solo. Terribilmente solo. Finchè l'auto giocattolo di 52 cm, riprende vita con una riserva di carica, fuoriesce dal sacchetto madido di umori canini e si dirige verso la porta, nell'ultima manifestazione di dissenso e di allontanamento dal omarello Michele che, morso dal senso di colpa, si comincia a ferire con le lamiere dell'auto sino a restare esanime e riverso in terra.
La storia può andare avanti o finire qui. In fondo ci interessa più del cane Vladimir che del padrone.
Riprendendo le fila degli accadimenti certi, da ieri un tam tam tra amici collezionisti sta facendo il giro della nazione e si è sparsa voce circa l'evento compiuto dal fantomatico personaggio che ho deciso di mettere alla berlina solo per stigmatizzare che in questo mondo si può fare ancora quello che si vuole, ma che bisogna pigliarsi anche un po' di responsabilità e che tutti i nodi vengono al pettine. Se non si dovesse scoprire che il cleptomane a cui non do più un nome, poichè non è possibile sapere davvero chi sia stato, non sia nè collezionista, nè ladro abituale, quest'auto, una INGAP 2800 da corsa caratterizzata dal numero 5 e dai colori rosso, azzurro chiaro e crema, se balzasse fuori, dovrebbe essere restituita anche con pacco anonimo al Parco Esposizioni di Novegro per la riconsegna al legittimo proprietario. Chi la dovesse comprare si ritenga complice infelice.
PS: L'altra auto scomparsa è un'auto giapponese, ma non so altro circa colori e dimensioni.

 

31 maggio 2023. Il pescatore.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

17 maggio 2023. Indubbiamente mi piacciono molto le Metalgraf.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

Questa è la versione media con scatola originale.


Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

14 maggio 2023. Scoprite le differenze. La mia risposta in breve è: "C.1 C.6 C.10".

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

Se avete dubbi circa ciò che si scorge... da sinistra a destra sono visibili tre esemplari del FIGHTING ROBOT della giapponese HORIKAWA realizzati a metà degli anni '60.

Il primo esemplare presenta parecchi difetti, non è completo e non funziona. E' mancante del coperchio del vano batterie, di un braccio, di parte superiore del corpo su cui si attaccava la testa. Presenta tracce di ruggine e buona parte delle plastiche hanno subito sbiadimenti e rotture, incluso l'interruttore a farfalla di colore rosso che ne permette l'accensione.
Condizione da 1 a 10: 1

Il secondo esemplare al centro non presenta mancanze ed è perciò completo. Mantiene ancora il coperchio originale di un vano batterie che ha presenze di ruggine determinate dalla fuoriuscita di acido dalle vecchie pile che ne consentivano l'animazione. Alcune plastiche sono in parte sbiadite ed hanno delle micro rotture. L'interruttore a farfalla di colore rosso che ne permette l'accensione è presente, ma si muove in modo impreciso all'interno dell'alloggio di escursione. Funziona in modo discontinuo, con imprecisione, ad intermittenza ed il movimento non è sempre perfetto a causa dei difetti delle ruotine in gomma che si trovano sotto i piedi che tendono a bloccarsi.
Condizione da 1 a 10: 6

Il terzo esemplare non presenta alcun difetto. E' completo e funziona perfettamente con un ottimo e deciso movimento. Non presenta tracce di ruggine. Le plastiche sono perfettamente lucide e non sbiadite, nè rotte sia pur in modo impercettibile. L'interruttore a farfalla di colore rosso ha una escursione perfetta, senza indecisioni. Il giocattolo è stato trovato, all'interno della propria scatola originale, in un fondo di magazzino che fa supporre con buona certezza che non sia mai stato usato.
Condizione da 1 a 10: 10

 

12 maggio 2023. Pubblico ancora una volta nel mio sito l'immagine di questo personaggio tanto amato in questa realizzazione su triciclo.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

Intendo così parlare della creazione di Felix the Cat, in Italia conosciuto come Mio Mao, in contrapposizione al Mickey mouse, ribattezzato Topolino, domandandomi se sia nato prima il gatto o il topo? La domanda attiene ai giochi della INGAP, ovviamente. E' stato realizzato prima il Mio Mao su triciclo o l'auto con Topolino? Perché rispondere alla stessa domanda in merito alla nascita tra le striscie di carta, è noto.
Felix the Cat ha questo primato poiché nacque nel 1917 negli Stati Uniti ad opera di Otto Messmer, da uno studio di Pat Sullivan. Il successo divenne planetario e, per quanto concerne la conoscenza da parte delle italiche truppe di giovani lettori, l’esordio in Italia è del 1927, sul Corriere dei Piccoli all’interno del quale le tavole domenicali venivano adattate allo stile del nostro giornale. Altre apparizioni si sono susseguite anche sul Cartoccino dei Piccoli, generando gli interessi e l’acclamazione da parte dell’industria del giocattolo. Mickey Mouse ha avuto invece la luce solo nel 1928, ma ha avuto una durevolezza nel tempo, che ancora permane, per la robustezza e forza della casa madre, la WALT DISNEY PRODUCTION che ha resistito al passaggio delle generazioni adeguandosi alla domanda di mercato, spesso anche costituendone la rotta per molti altri disegnatori. Non può dirsi la medesima cosa per le sette vite del gatto Felix, che hanno subito interruzioni e salti da una rivista ad un'altra, a volte anche in contemporaneità. Questa discontinuità e la mancanza attuale di visibilità lo hanno fatto divenire un personaggio del passato.
FELIX ha perciò avuto la peggio sulla lunga corsa rispetto a MORTIMER, primo nome di Topolino, divenuto poi Mickey su suggerimento della moglie di Walt. Mai tocco femminile fu più propizio e “felice”. Prescindendo da quelli che possono essere i successi commerciali io desidero in quest’occasione celebrare maggiormente il Felix di Pat Sullivan, non tanto perché adesso è pressoché sconosciuto a chi sia nato nel terzo millennio, ma perché, a mio avviso, è sempre stato più romantico, sia pur nelle mille peripezie vissute nelle sue storie. Questo solo aspetto è fondamentale per valorizzare un personaggio che anche Ingap, l’industria nazionale di giocattoli più famosa in Italia, decise di realizzare all’inizio degli anni ‘30. Una prima enorme differenza tra il mastodontico Mickey Mouse ed il piccolo ed indifeso gatto Felix è data dall’età dell’innocenza. Il gatto non possedeva coperture di pudicizia. Già il primo Mortimer nel cortometraggio Steamboat Willie, è rivestito da un pantaloncino con bretelle e cappellino che lo umanizzano. Forse proprio questo aspetto ha reso più vicino all’uomo il topo rispetto ad un gattino, nudo di sovrastrutture. Eppure è proprio questa particolarità che rende l’italianizzato Mio Mao più vero, più simpatico, più eterno. Costituisce una rappresentazione di morbidezza che comporta accettabilità, che garantisce sicurezza. Per questo di Felix/Mio Mao esistono anche riproduzioni di merchandising che esulano dal semplice giocattolo, come le mascotte di radiatori d’auto, o anche solo le figure riprodotte negli aerei da combattimento della seconda guerra delle opposte fazioni, in un tema di universalità accettata che ammorbidisce la violenza dei mezzi portatori di morte.
La mia celebrazione va al personaggio inventato da Sullivan, per il tramite del personaggio che mostro in questa immagine. Anche INGAP optò per umanizzare Mio Mao. Nel giocattolo qui esposto, dalla mia collezione, infatti le zampe inferiori sono ricoperte da macchioline bianche che simulano una copertura che sembra un pantaloncino. Avrei voluto tanto venire a conoscenza dell’illustratore di Ingap per abbracciare lo spettro delle sue realizzazioni e familiarizzare con i suoi movimenti della mano. Per capire se l’esigenza di umanizzazione provenisse da una scelta aziendale quanto non piuttosto dai limiti del disegnatore. Fu probabilmente lo stesso esecutore della Autopolino, auto a 4 ruote condotta da un topo che niente ha a che vedere con Mickey Mouse. A dispetto di ciò però l'azienda Ingap, poichè aveva la precisa volontà di mostrarlo come tale, si assunse l'impegno economico di corrispondere diritti d'autore alla casa madre per parecchi anni per questo Topolino; poi anche per una versione di Pinocchio realizzata da Ingap prima del film omonimo, altrettanto poco somigliante al Pinocchio Disney.
Anche il grande disegnatore di giocattoli Mel Birnkrant, che possiede una Autopolino all'interno della sua collezione, la più bella collezione di Mickey Mouse esistente a mondo per quanto mi è dato conoscere, è del medesimo avviso che INGAP avrebbe potuto fare a meno di addossarsi questa inutile spesa. Ma forse Birnkrant non ha tenuto nella giusta considerazione la copertina del 1933 del catalogo INGAP che raffigura una auto guidata, stavolta da Mickey Mouse, molto più simile a quanto ci si sarebbe potuti aspettare da lettori dei giornali Topolino prima editi da Nerbini e poi da Mondadori.
I passaggi del tempo impediscono di fare valutazioni appropriate sul disegnatore della INGAP. Resta comunque sempre un’affascinante gatto. Chissà se qualche collezionista d’altri tempi abbia avuto la mia stessa curiosità e la fortuna di riuscire magari anche a darsi una risposta.

 

10 maggio 2023. Ciascun punto di vista è così intimo e personale da superare le epoche. Spesso riguarda anche cose così semplici, così insignificanti, da risultare inutile per la storia dell’uomo, forse anche perché la storia stessa è scritta dal vincitore di ogni antagonismo che decide cosa mantenere e cosa far dimenticare, prima di dimenticare egli stesso. La cultura è lo spazio dove tutto può essere messo in gioco al fine di vincere per l’umanità e non sull’umanità. L’astensione dall’espressione di una critica speculativa è la morte dell’umanità, perché si diviene servi delle sole esigenze primordiali che non portano a nessuna elevazione.
Non è quindi corretto pensare che il proprio punto di vista, come quello di qualsiasi altro, debba essere sempre prevalente, perché un vero spirito critico trova sempre opportunità di migliorie per tutti vantaggiose da ogni valutazione anche contraria. Non è utile perdere per strada molte sfumature che la biodiversità ci offre continuamente, così aggrappata alla vita. In tutto questo le creazioni dell’uomo risultano ancora più evanescenti perché nate per perire con chi le ha pensate e ne ha una visione d’insieme più profonda, che, senza il consenso del mercato, non può autoalimentarsi. La premura che dobbiamo sempre avere è di conservare qualsiasi espressione dell'uomo per le future generazioni. Tramandando ogni nostro sapere, anche il più futile.

 

20 aprile 2023. Desidero mostrare il modello Sport Maserati Aeropiccola in tutto il suo splendore e nella sua completezza, raggiunta da pochissimo tempo. Il ritrovamento risale invece a 6 mesi fa, grazie all'opera del bravissimo Alessandro. Ma per cominciare mostro l’immagine di come sia giunta a me questo modello. Appare subito evidente che qualche anomalia di pregio riguardi questo solo modello.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

La storia dell’acquisto è ormai sempre la stessa: una ostinata ripetizione di tentativi di desistere che poi culminano sempre nell’atto di volontà più esecrabile di cui ci si pente dopo pochi istanti, piegandosi alle richieste e procedendo oltre, pentendosi di essersi pentiti. Non mi sono voluto confrontare con nessuno per capire se fosse corretto inserire questo modello della categoria Sport AMSCI, nella mia collezione, perché ero già certo che non doveva farne parte. Non volevo che qualcuno mi ricordasse che devo comprare soltanto latta litografata. Il modello non era neanche completo, poichè mancante dell’ultimo propulsore che vi aveva dato vita, di cui parlerò più avanti, ma che costituisce la nota saliente della forza di questo modellone.
Ma forse le informazioni frammentate, l’enorme cavità che svuotava ancora più la pesante fusione di terra di cui è fatta questa carrozzeria, gli odori di oli incombusti che presagivo di respirare a fronte delle grondanti macchie (che sono ancora al loro posto) che si scorgevano nelle fotografie e che anticipavano forme e condizioni di conservazione,l'indubbia rarità del modello, tutto ciò costituiva una sfida che andava assolutamente portata a termine.
Non era possibile, tra l’altro, valutare quale potesse essere stato, esattamente nel modello che mostro, il primo motore ad aver alimentato questa semi-riproduzione voluta da Franco Conte dal 1956 al 1960. In riviste specializzate d’epoca, il progettista che “nasce e muore” aeromodellista, suggeriva di usare per questo modello il Super Tigre G.21, da lui stesso utilizzato “alquanto sfiatato” per le prove di regolarità in oltre una cinquantina di lanci; raggiungendo una velocità media di 98 km/h ed una velocità massima di 130 km/h. L’automodello MASERATI che aveva una struttura costituita dai medesimi singoli componenti, carrozzeria esclusa degli altri modelli offerti ad AEROPICCOLA, la MERCEDES e la VICTORY SPORT, versione aggiornata con grande presa d’aria sul cofano motore di un modello preesistente, stando a quanto si legge nei disegni originali, era adatta per motori da 2,5 a 10cc. Ma solo nell’eventualità di usare motori compresi da 2,5 a 5cc occorreva raggiungere il minor peso possibile limando esternamente la carrozzeria riducendo al massimo gli spessori.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

Sull’onda di un successo, approntato in tirature sempre piuttosto limitate, le Tether Cars di Conte si divisero il mercato con le scatole di montaggio della FERRARI MOVO di Gustavo Clerici che montava il Super Tigre G.20 ed era prodotta in gran numero a prezzi concorrenziali. Questa seconda azienda si impadronì di tutto il mercato dopo il 1960, anno a partire dal quale l’AEROPICCOLA, che non voleva sopportare gli alti costi di una pressofusione delle scocche per via dell’esiguo numero di modelli realizzati, cessò la produzione ed andò ad esaurimento scorte. La MOVO dal canto suo non aveva realizzato un modello che si prestava all’elaborazione in senso di aumento della cilindrata, quanto piuttosto ad uno standardizzato montaggio, definibile tecnico-scientifico che alla lunga avrà sicuramente annoiato. Non era possibile sostituire il motore da 2,5cc in virtù dell’alloggio del motore nel vano guida di un ipotetico pilota in miniatura. Non c’era spazio per inserire motori più grossi. Non era neanche verosimile. Stessa cosa non può dirsi invece per l’aspetto performante della MASERATI. In questa elaborazione il modello assume inoltre un aspetto aggressivo, determinato dalla testata del motore che ho potuto comprendere che andasse inserito, la cui testata alettata e dotata di micro candela, fuoriesce al centro della carrozzeria con protervia.
Ma per arrivare a questa soluzione, ne sono stati versati fiumi di “miscela nitrometanata”!
Capire cosa installare. Poi perché farlo, entrando nella testa del coraggioso ed inesperto sviluppatore dell'epoca. Operare una scelta che imponeva solo un restauro conservativo. Fare il salto inviandola a mani esperte.
Quest'ultimo passaggio,dopo una ricerca infinita di un motore che non si trovava da nessuna parte, a seguito della grande fortuna.
Devo sempre le mie migliori conclusioni a Beppe, la mia meridiana bolognese, a lui andranno sempre i miei continui ringraziamenti. Non solo per avermi consentito di ragionare sull'auto per poi completarla, ma per avermi fatto conoscere il grande maestro Salvi Angeloni, che ha trovato un Super Tigre G.24 prima serie del 1953 e lo ha installato, insieme con il gruppo frizione ed il serbatoio d'epoca, con amorevole cura e la giusta perizia che deriva dalla competenza maturata in una intera vita. Mi ha inondato di storie ed informazioni tecniche ed ancora aneddoti e massime d'esperienza che sono un tutt'uno con ciò che riporterò sempre con questa MASERATI. La scelta del propulsore poteva anche, in chiave storica, assestarsi su un motore di seconda serie, che uscì solo nel 1958, giustificando così una rielaborazione tardiva del modello ma che, per questioni estetiche, non avrebbe avuto il fascino di quello che è stato infine scelto. In fondo già il prima serie era un motore di successo.
Queste le caratteristiche del G.24 trovate nel catalogo Aeropiccola n.15 del novembre 1954 che così si esprimeva in merito: “Colosso della produzione Saturno. Il miglior motore oggi esistente nel mondo di questa categoria. Motore di eccezionale potenza adatto per le applicazioni speciali, per competizioni da velocità, record, etc. Funzionamento due tempi GLOW-PLUG. Prezzo del motore completo di candela (solo glow) Lire 17.000”. Per completezza, aggiungo che l’intera scatola di montaggio, motore escluso, costava invece 16.500 lire.
In conclusione questo è il risultato finale. Non oso pensare a quale velocità i 9,81cc del G.24 fossero in grado di lanciare questo bolide, che romba anche solo con la contemplazione. La curiosità è davvero grande. Ma Angeloni è stato chiaro ed io seguo i suoi insegnamenti, che già condividevo, con questo mantra: "Se è arrivato sino a noi in queste condizioni, con i doverosi segni del tempo, dobbiamo essere semplici custodi ed abbiamo la responsabilità di tramandarlo ancora oltre, scevri dal desiderio egoistico di portarlo ancora in gara". C'è ancora tempo per una rievocazione storica per il centenario...
Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

15 aprile 2023. Armato di poca volontà, sfogliavo una rivista fior di stampa risalente alla fine del 1950 (ultimo trimestre) da me acquistata chissà quanti anni fa, originariamente regalata al primo proprietario per via di un vistoso timbro OMAGGIO che troneggia nella pagina del sommario. Curiosamente l'editoriale di Paolo Sanguineti si intitolava "...e pace in terra agli uomini di buona volontà". Non ho certo comprato questa rivista per i contenuti retorici ed etici espressi nelle pagine 9 e 10 che avevano il fine di predisporre agli auguri del nuovo anno, non senza rimanere attuali sotto moltissimi aspetti; alla fine della lettura ho potuto anzi rivalutare la comodità di essere, in questo sabato pomeriggio, poco incline a far qualsiasi cosa; dato quanto poteva riguardare chi troppo si adopera per l'altrui pace...
Armato perciò della sola volontà di condivisione, segnalo la rivista trimestrale TORINO MOTORI, per due pagine in cartoncino di maggior grammatura rispetto a tutte le altre pagine della rivista. In una di esse sono presenti 3 calendarietti del 1951 pieghevoli, da ritagliare, stracolmi di loghi di aziende dell'industria automobilistica (ultima foto a destra). Nell'ultima pagina cartonata, che precede l'ultima di copertina, una vera chicca! Un bellissimo furgone leggero giocattolo (foto al centro) da ritagliare ed incollare "Per i bambini dai 4 a 72 anni!", così come scritto in modo evidente. Questo ultimo consiglio sono certo che andrà disatteso almeno da un amico collezionista che ha superato questa soglia, ma che si è appena fornito di un nuovo garage in latta, abbastanza capiente, che all'epoca della produzione costava ben 70 franchi.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di GiuntaFoto dalla collezione di Giovanfranco Di GiuntaFoto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

7 aprile 2023. Mi andrebbe di inaugurare una nuova pagina dal titolo "L'angolo del presepe napoletano", laddove questa definizione intende inglobare la rappresentazione della natività di un nuovo giocattolo di latta mai visto prima d'ora dai collezionisti italiani del marchio.
Un venditore di Sant'Antimo sul sito d'aste EBAY ha posto in vendita con questo titolo "Rarissima Auto da corsa ingap padova anni 30" un giocattolo realizzato in Inghilterra dalla MARX ed artatamente italianizzato con l'apposizione di un pilota in composizione (smodatamente sproporzionato, perchè più alto di quanto dovrebbe essere in rapporto al modello) ai modi dell'industria italiana di Confalonieri. Ispirandosi però, almeno per una parte, al pilota della Ferrari da corsa della MLB, non perciò ai Confalonieri usati per Ingap. Dando così una nuova natalità, con falsa attribuzione, ad un giocattolo dai tratti non italiani.
La cattiveria del falsario, che sia il venditore in prima persona, quanto non piuttosto un diverso soggetto che ne abbia commissionato la vendita, è stata pesante nell'aver applicato sul fondo una scritta posticcia "ART. N.1600 INGAP Padova". Questo eccesso andava punito con una corretta informazione. Ma cosa dovrei aggiungere più di quanto ho detto?
Non pubblico la foto perchè l'oggetto è proprio brutto, ma conserverò le immagini a perenne ricordo.

 

6 aprile 2023. La seconda asta di giocattoli di Torino ha dato molto spazio ai commercianti. Parecchi gli oggetti strappati via a prezzi davvero modesti rispetto agli alti valori ottenuti da oggetti meno importanti. Non ho comprato perchè li ho già tutti, ma disturba vederli andar via a cifre anche quattro volte inferiori ai prezzi di vendita di pochi anni fa. Ovviamente sono punti di vista personali. I professionisti dell'acqusito non sono però potuti arrivare ad acquisire generi intramontabili come sono gli scooter giocattolo che hanno raggiunto l'interesse degli osservatori non italiani, acquirenti riverenti, entusiasti e dotati di moneta sonante.

 

19 marzo 2023. E' stata una settimana frenetica... tutta di corsa.


Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

14 marzo 2023. Ho perso un quarto del mio giudizio.

 

2 marzo 2023. Non abusare della mia bontà.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

21 febbraio 2023. NESSUNA FEDE, NESSUNA FORTUNA. E' UNA QUESTIONE DI RAGIONE CHE VA PAGATA CON L'OBOLO, NON CON L'OBICE.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta


Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

Nel giorno del nuovo discorso che porta al regresso più drammatico.

 

20 febbraio 2023.Sulla mia pagina Facebook scrivo raramente, perchè preferisco sempre affidarmi al sottile filo che lega i miei pensieri sul BLOG. Di tanto in tanto ricopio alcuni pezzi vecchi che provengono da queste pagine, poi me ne pento, ma ormai il danno è fatto; di recente mi sono anche passato il lusso di non scrivere niente e di condividere un post con un pensiero di una collezionista veneziana che riesce a solleticare la mia curiosità con argomenti che non sempre ho bene approfondito.
Ho condiviso perciò con piacere il post in cui Patrizia Bonato, attenta nell'analisi a tutto tondo sul mondo dei giocattoli, ha riportato un ricordo infantile della scienziata Rita Levi Montalcini. Ripensando al testo, ritrovato nell'interezza ho capito che, a parte lo spunto, il gioco in latta poteva essere diverso da quello concettualizzato.
Penso che la Montalcini avesse un ricordo di massima del giocattolo e sia andata a tentoni nella ricostruzione del suo ricordo di terrore. E' solo una supposizione, ma credo che il personaggio che tanto le creò imbarazzo ed individuato nella coppia "Walking down Broadway" da parte della Bonato, potesse essere in realtà il "Ferdinand Le Noceur", più noto come lo "Heavy Swell" della Lehmann. Realizzato tra il 1904 ed il 1918.

Foto dal sito lehmanntoycollection.com

Nella ricostruzione di un ricordo lontano nel tempo, che il Premio Nobel restituisce a noi tutti, viene in evidenza che il personaggio avesse una bombetta nera, una giacca di flanella a quadretti, un bastone in una mano ed un fazzoletto nell'altra. Ferdinand di queste componenti ha qualcosa in comune con la descrizione fatta, ma differisce per il colore del cappello e per la presenza di una chiave in luogo del mantenimento di un fazzoletto. Il personaggio del giocattolo "Walking down Broadway" è, si, dotato del cappello nero, corretto per foggia e colore al ricordo, ma anch'esso è sprovvisto, nelle mani, del fazzoletto sventolato con un certo comportamento irriverente, tipico del festaiolo (noceur, appunto). Il fazzoletto manca perciò ad entrambi i giocattoli. Ma balza ancor più all'occhio che la neurologa torinese, sembri aver rimosso un particolare non da poco. La piccola donna, destinata a divenire mastondotica per aver offerto la sua esistenza alla scienza, notò "il modo lento e dignitoso di procedere" del gentlemen al punto da omettere accanto la presenza di una donna ancora più piccola? Si... perchè ad incedere sarebbe stata nell'attuale interpretazione una piccola coppia, sia pur in latta litografata, a spasso anche con un piccolo cane. Non dunque un bel solitario gagà!
Foto dal sito JamesDJulia.com

Così facendo l'orrore della Levi Montalcini va tradotto nella inaccettabilità dei ruoli che avrebbe dovuto calcare e che le avrebbero impedito di svolgere le funzioni di libera ricercatrice.
Il senso comune, ancora una volta, minava con terrore le certezze di una giovane virgulta che aveva già deciso di impegnare se stessa per la ricerca, senza impegnarsi con altro essere vivente... pensiero insito in chi non ha alcuna intenzione di sposarsi a prescindere. Se questo poteva risultare fastidioso, se questo era da evitare, allora perchè divenisse terrore, quello a cui si fa espresso riferimento nei pensieri lucidi della Montalcini va rivisto nel rapporto con Ferdinand il nottambulo (altro nome dato a questo giocattolo nella versione spagnola, che rende ancor più il concetto di perdigiorno insito nell'immagine che comunemente tutti potevano avere di un simile personaggio).
Immaginare una fuga da Ferdinand, prima che con Ferdinand, diviene la sublimazione alla Dario Argento alla ennesima potenza. Lo stesso incedere da parte di un solo omino-omone meccanico, alto neanche una spanna, non accompagnato, ma prestante e dirompente come la grande onda del mare (l'heavy swell del nome inglese), realizzava a mio avviso ancora di più un concetto di impertinenza e di vacuità che la Levi Montalcini, non a caso Nobel, aveva intuito al primo istante. Per questo motivo, nessuna frivolezza poteva darle gioia, anzi... La passeggiata per Broadway era troppo conformista perchè potesse appartenere a questo ossuto macigno italiano della Medicina. Alla grande onda in fondo non ha rinunciato. Se l'è messa in testa.

 

12 febbraio 2023. Spiegatemi cosa si intende per "vincere insieme al mondo libero". Spiegatemi se in questa frase sia insito un paradosso di Russel.

 

11 febbraio 2023. In pieno coprifuoco dentro casa con il solo imperativo di tenere spento anche il led della TV. Non è una questione di economia da bolletta troppo cara. E' voglia di avvolgersi solo delle proprie sicurezze. Mi permetto di assecondare tutti i miei pregiudizi come forma di autodifesa dal paese dei fiori. Mi dispiace solo di aver perso così i DEPECHE MODE. Questo è il mio unico vero rimpianto. Aggiungo che non metteranno fiori nei cannoni verso l'una ed un quarto e quello che si profila è veramente spaventoso per un comune mortale.
Per associazione di idee, ma anche per avere letto ieri un articolo interessante sulla storia dell'Ansaldo ed il suo rapporto con le guerra e le commesse che ne derivavano, desidero approcciarmi al senso comune per prenderne le distanze. Cercando di allontanarmi da quella bieca propaganda che sta bruciando tutti i cervelli e che ha voluto che la manifestazione sanremese divenisse la migliore kermesse che un italiano possa aspettarsi, dove interviene il Capo dello Stato mentre si ascolta un inno nazionale che sembra sponsorizzazione del primo partito d'Italia sin dalle prime parole ma che, cantato con poca convinzione dal Morandi nazionale, riallinea gli equilibri delle opposte fazioni (non avendo ascoltato quanto successo, mi affido alla lucida ed implacabile perfidia di Gianluca Nicoletti che così si è espresso qualche giorno fa in merito).
Sfatare gli "umarell" è compito ben svolto da questo grande giornalista. Sfatare una grande azienda ed il proprio mito, avvicina anche le grandi imprese a ciò che sono innanzitutto, gruppi di anziani che devono comandare sino alla fine della loro esistenza. "Umarell" con responsabilità, di cui, non tutte, non sempre sono al corrente di dovere rispondere. Tra queste, anche, quelle che vanno riconsegnate alla storia. Mi limito perciò a riportare quanto appreso dalla recente lettura, riguardo alla Gio. Ansaldo ed al mito (sfatiamolo dunque!) che, già dalla prima guerra mondiale, fosse una grande partner dell'esercito italiano e dello Stato, in quanto azienda primaria. Vero è che, da un lato, avesse introdotto sul proprio marchio a rombo due cannoni trasversali che avevano il fine di fortificare un marchio che lavorava per l'industria bellica. Falso assolutamente è che fosse primaria in queste sue aspettative, disattese dalle grandi commesse a cui non partecipò o, se lo fece, nella misura di esecutrice di disegni e progetti che provenivano dall'esercito, quindi senza alcuna autorialità progettuale che la ponesse nel gotha dei grandi costruttori. Le auto stesse, di cui io possiedo un paio di esemplari, una 4H ed una tipo 4F, erano già piuttosto obsolete rispetto alle omologhe ALFA ROMEO e LANCIA, per fare due esempi che confermano come la prima non riuscì a superare il crinale della metà degli anni '40.

Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta
Il punto: i cannoni li voglio vedere solo sui vecchi smalti, su qualche mascotte di radiatore da tenere in collezione, nella consapevolezza che l'aspetto estetico superi la pericolosità di ciò che è celato sotto il rombo. Quei cannoni che voglio al limite pieni di fiori come si diceva ai tempi dell'attivismo pacifico dei figli dei fiori. Lo stesso che cantavano anche i Giganti nel 1967 proprio a Sanremo. Sono convinto che il paese dei fiori, quelli calpestati ad arte dal ventenne cantantino, acerbo nella espressione della sensazione che fingeva di provare qualche giorno fa, darà opportunità alle parole del presentatore Amadeus di creare dei nuovi contenitori dove l'attivismo sarà di opposta direzione. Sarà della solita ed esecrabile modalità che il popolo non vuole, ma che è espressione dei potenti. Spero che il mio pregiudizio costruito sugli eventi degli ultimi anni sia contrario a ciò che verrà espresso e che determinerà, nel forgiare il pensiero nazionale a cui uniformarsi. La lettura del messaggio di questa notte, reso crudamente ignoto sino agli ultimi istanti, avrà premesse non necessariamente logiche ma significati univoci.


 

9 febbraio 2023. L'allerta rossa ed il vento davvero impertinente mi impongono di stare a casa. Come passare meglio la giornata odierna e la prossima , se non facendo ordine? Ho coì potuto constatare che spesso i nuovi arrivati, mi riferisco agli ultimi acquisti in ordine di tempo, a volte non aiutano a vedere quante cose belle si siano già acquistate prima. Non necessitavano nuove compagnie. Per questo mi sono messo ad asciugare i contenuti delle vetrine, a limitarne la saturazione, a togliere un bel po' di inutili orpelli ripetitivi. Ne è venuto fuori un bel lavoro.
Poi da due diversi punti della stessa stanza... una associazione ovvia che era sfuggita anche solo al ricordo di possedere questi due oggetti, diversi per grandezza, uguali per appartenenza: un badge annuale che andava esposto sul mezzo a due ruote che ha la stessa foggia dell'insegna del club di appartenenza che andava invece appeso a parete. Entrambi in ottime condizioni di conservazione raffigurano Mari e Monti(L'acqua sembra increspata, i monti sembrano scossi. La colpa di questa osservazione dipende solo dalla suggestione del vento che intanto che scrivo si fa più aggressivo). L'insegna grande è stata realizzata da Paccagnini. La piccola targhetta... un amore di miniatura, resta ignota, ma potrebbe essere dello stesso produttore.


Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

2 febbraio 2023. WIKIPEDIA ha bisogno di qualche aggiornamento a proposito di CARDINI.
In breve ho aggiunto questi riferimenti, lasciando intoccate alcuen informazioni: "I prodotti venivano venduti in scatole di cartone, che erano parte integrante del giocattolo, rappresentandone i fondali o gli edifici necessari per completare il gioco. La Cardini affidò il compito di eseguire le illustrazioni per le scatole ad Attilio Mussino, disegnatore del Corriere dei Piccoli. Proprio sul Corrierino la Cardini era molto attiva con pubblicità mirate al pubblico giovane e ispirate allo stile americano. Per molto tempo si è detto che l'azienda produsse soltanto tredici modelli che spaziavano da locomotive a dirigibili, automobili, tram, giostre, navi e aeroplani. Tale affermazione scaturiva dalle pubblicità delle riviste, uniche fonti d'immagini ed informazione. Da vent'anni a questa parte, nel secondo millennio, sono però state trovati esemplari di giocattoli in latta che non si possono ricondurre alle sole pubblicità cartacee. La capacità di raccolta dei collezionisti ha così dimostrato una attività più completa di questa azienda, grazie sicuramente alla qualità dei dettagli e dei disegni delle litografie di primissimo livello, che invogliò aziende pubblicitarie come PERUGINA, ARRIGONI ed altre a far realizzare ulteriori produzioni tra cui si annoverano oggetti delle dimensioni più svariate, da una piccola trottolina di pochi centimetri sino ad una locomotiva che funge da scatola, dalle grandissimi dimensioni. Alla fine degli anni venti la Cardini fu colpita dalla crisi economica e chiuse i battenti. Aveva da poco realizzato una berlina a 6 luci, della medesima grandezza degli altri giocattoli della prima produzione, con personaggi litografati sui finestrini, ma che non risulta mai essere stata reclamizzata. Esistono inoltre testimonianze di giocattoli prodotti da ex dipendenti con i resti della produzione; in particolare si conoscono esemplari di giostre in alluminio con 4 "libellule" o con 4 cavalli. Lo stabilimento venne acquistato dalla Carello S.p.A. di Torino che la riconvertì alla produzione di accessori per il fiorente mercato automobilistico.""
Ed ancora: "Per "collezione" si intende in senso storico, l'insieme dei tredici esemplari più noti, prodotti dalla Cardini. Una delle più belle storie relative al reperimento appartiene alla collezione conservata presso il Museo del giocattolo e del bambino di Santo Stefano Lodigiano che la espone al pubblico. Esistono, in collezioni private, varianti e pezzi meno noti, prodotti da questa prestigiosa azienda, non riconducibili alle pubblicità cartacee. Sono anch'essi preziosi oggetti da collezione, pur non rientrando nella ormai obsoleta informazione che la produzione di Cardini si fermi a tredici esemplari. I modelli che furono realizzati con la predisposizione di una scatola gioco sono i seguenti:"
Giostra con aeroplano S.13
Giostra volante con baraccone (o delle Libellule)
Giostra con Dirigibili e Hangar
Corsa dei cavalli con tribune e pista
Auto Limousine 509
Auto Torpedo 50HP
Auto da Corsa
Camion 18BL
Tram Elettrico con rimessa
Locomotiva Gruppo 690 con tunnel
Motonave con porto
Cucina a gas
L'unico modello dei 13, pubblicizzato sul Corriere dei Piccoli, e su poche altre riviste dell'epoca, a non essere mai stato dotato di scatola gioco è il seguente:
Autobus con volante di guida
Di questo autobus esiste anche una versione piccola pubblicitaria della Perugina in due colorazioni: giallo, rosso.Nelle pubblicità d'epoca si fa cenno anche alle Auto Berlina Fiat Tipo Piccolo, senza mostrare immagini. Di esse, ad oggi, sono note almeno 7 diverse varianti pubblicitarie.

 

26 gennaio 2023. Interessante il trend dei risultati di Aste Finarte che si avventura nella vendita dei giocattoli di latta per la prima volta. Si cerca di dare slancio alla tematica dei giocattoli. Ci può stare! Anche se... ritengo un po' troppo perentoria la proclamazione che si trattasse di due importanti collezioni riunite in unica vendita. Molti giocattoli comuni, facili da trovare anche sulle bancarelle dei mercatini domenicali, non giustifica quello che ho visto proporre. In tal senso inoltre, non avrei scommesso sulla riuscita finale, perchè davvero molto basso il livello di ciò che era stato proposto. I pezzi più apprezzati dai risultati: con l'art.76 una italianissima MOVO SPRINT Ferrari 500 con motore a scoppio; segue a diverse lunghezze di distanza, con l'art.55, la Cisterna 1101 STANDARD OIL della tedesca MARKLIN. Il terzo miglior risultato è stato ottenuto dalla AUTO UNION con pilota, presentata con l'art.72. Battuta ad un prezzo sorprendentemente alto data l'assenza di patina d'epoca, se mi è concesso esprimermi con questa eufemistica espressione, che ne giustifichi l'avvenuta vendita. Era una insidia nascosta che ha prodotto un bel risultato per chi ha avuto il coraggio di proporla.


 

11 gennaio 2023. L'anticristo. Il commerciante di cenci che non disdegnava la raccolta di metalli usati. Quanti ne avrà portati alla riconversione distogliendoli alla ricerca ed alla conservazione? Figlio ingrato... (fu Giov.)


Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

 

7 gennaio 2023. Spia del freno a mano inserito ad libitum. Che sia un ultimo definitivo segnale?


 

6 gennaio 2023. Quindi... per scorgere una prima edizione del racconto di Pietro il coniglio, con certezza assoluta, occorre andare a pagina 51 e trovare WEPT in luogo di SHED prima delle grandi lacrime. La vita dei conigli è adesso meno piena di misteri!


 

2 gennaio 2023. "Pur non perdendo i sensi, fluttuava nel cielo notturno. Alla fine ha ripreso conoscenza ed ha continuato a giocare."

 

1 gennaio 2023. Anno nuovo! Solita vita nuova! Nell'immagine qui sotto sono visibili due giostre russe ad altalena: le Russian Swings. L'unica differenza tra la swing americana e la swing russa è quanto in alto fai oscillare il kettlebell, o ghiaria, o contrappeso. Nella giostra americana con kettlebell, finisci il movimento con il kettlebell sopra la testa, puntato verso il cielo. Se hai a che fare con una swing russa con kettlebell, il movimento si fermerà da qualche parte intorno all'altezza del petto.


Foto dalla collezione di Giovanfranco Di Giunta

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