22 dicembre 2020 Se qualcuno scorge in questo assembramento di cavallini in latta la forma di un abete tradizionale, si può dire che nel suo cuore lo spirito natalizio alberghi prima ancora che il rifulgere dal caos che la stessa immagine propone.
Queste le forme confuse di aggregazione non vietate, poichè relegate ad una installazione festiva e temporanea. Usare buon senso e prudenza in attesa della nuova inevitabile ricaduta sarà come sempre un atteggiamento di chi rispetta se e gli altri. Atteggiamenti da minoranza silenziosa.
Comunque sia, con chiunque voi sarete nei fatidici giorni del 25, 26 e 31 vi raggiungano i miei migliori auguri di buone feste! Un pensiero speciale va a chi, per colpa del virus, o per qualsiasi altro motivo ad esso indipendente, abbia perso i propri cari in questi ultimi tempi e passerà inevitabilmente un Natale ancora più diverso. Ci lega tutti la spiritualità più intima che questa umanità ci abbia consegnato a memoria d'uomo, senza la necessaria contemporaneità di una consapevole guerra fratricida. Che si possa far tesoro di quanto non si vuole che riaccada.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

 

21 dicembre 2020. "Ma appena fuori dal cortile si trovarono fra i piedi Luigino, che era sgattaiolato fra la gente. - Portate via questo ragazzo - gridò lo zio canonico. - No! voglio andare a vedere anche io! - strillava costui. E dopo, finchè visse, gli rimase impresso in mente lo spettacolo che aveva avuto sotto gli occhi così piccolo."
"Fu un galantuomo! Perchè invece di perdere la sola chiavetta, avrebbe potuto farmi cercare anche l'orologio e la catena."
Stavolta lascio nel vago ogni mia ulteriore divagazione, con questi due spunti presi dalla novella "La chiave d'oro" di Giovanni Verga, in essi sono riferimenti alla coltivazione della memoria e del passaggio nel tempo nonostante l'aristocrazia operaia. Sarà il fine esegeta a cogliere oltre ciò che prima di me già Sciascia aveva sapientemente messo in luce tramite la stigmatizzazione delle figure scelte dal vizzinese nelle sue opere per dare corpo alla memoria: la fiamma, la donna ed il bambino.

 

9 dicembre 2020. Non vedevo una giostra Ventura dal 2006, ma la farò prendere a Bruno, per quanto sia stato tentato di tenerla per me.
Non ci sono parti in latta che giustifichino di tenerla in collezione; piuttosto la storia di Pinocchio sopra le canne d'organo del cilindro centrale che ne fanno un ghiotto dettaglio.
Non vedevo tante auto da corsa Ingap in unica soluzione da quando ho aperto l'ultima volta la vetrina delle auto da corsa, ma queste non sono mie, benchè molte le possieda uguali, anche.
Bella anche la Ferrari Ventura, si convincerà Mauro? Nei prossimi mesi proporranno in vendita l'impossibile. Tempi duri per tutti... è sempre più prossima la scure della patrimoniale.

 

7 dicembre 2020. Gentile signore di Vinchiaturo, se Lei è un collezionista, mi potrebbe scrivere? Ne sarei lusingato...

 

3 dicembre 2020. Dopo molto tempo sono ritornato. Nessuna pausa di riflessione. Solo disguidi tecnici e pensieri posti altrove. Ma la collezione è aumentata e fatti, ad essa inerenti, in questi mesi ne sono successi. Qualcuno è già visibile ed altri compariranno nei prossimi giorni, insieme con le immagini che non ho potuto inserire prima...

 

2 dicembre 2020 Visto che le scatole CAVIEZEL rettangolari a spigoli vivi dovrebbero essere tutte, mi sono rivolto ora anche alla ricerca delle tonde. Quanto sia restrittiva una cornice di agrumi è qui evidente, ma a mio avviso è anche una questione di cromia della tavolozza dei colori scelti per la stampa.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

 

24 novembre 2020. Dopo la Fiat da corsa dei tempi delle prime gare di formula uno, è arrivata a casa anche la cosa più simile ad una 801/2, antesignana e fondamentale tassello per il racconto a ritroso che mi fa amare su tutto i modelli degli anni '20. I tempi di Bordino sono i più eleganti e quelli che consentono sempre i trovare qualcosa di nuovo ad ad ogni rilettura. Di seguito la storia della numero 11 Metalgraf, auto da corsa con pilota e meccanico. Quando il concetto di zavorra era ancora di là da venire.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

 

22 novembre 2020. In questo momento storico, ma vale per qualsiasi momento, c'è chi si vanta di ciò che ha comprato al miglior prezzo e chi si dispera di non riuscire a vendere neanche ad un decimo. Non salvo i primi e non salvo i secondi. In mezzo c'è il collezionista. Ogni collezione vale non per il denaro che si può realizzare, ma per ciò che nel processo di formazione si arriva a capire e a condividere, in una crescita che travalica ciò che si possiede. Se poi volete pensare che l'asta di insegne smaltate tedesca, che abbraccia un mercato internazionale e non il "mercatino" italiano interessi solo ai collezionisti, dovreste ragionare meglio ed aprire di più gli occhi. Alle spalle non ci sono solo "competitors" reali, ma una virtualità che abbraccia processi di investimento economico a medio termine che un collezionista di "Ricordi" non può neanche pensare. Tanto di cappello agli algidi crucchi. Noi siamo di un'altra pasta e dobbiamo riconoscere (non sono parole mie e Marco Gusmeroli si ricorderà sicuramente di quanto dico) che gli smalti più belli ed importanti non sono stati realizzati nello Stivale.
Michele Airoldi anche io pagherei nuovamente solo i pezzi pagati più cari. Condivido pienamente. i più importanti sono quelli per i quali abbiamo combattuto nei luoghi più disparati. Se erano aste al miglior prezzo e con almeno un concorrente; se erano mercati al primo prezzo (quindi più alto) e, spesso, anche con il favore delle tenebre; se erano mostre-scambio dopo un scontro con almeno una decina di concorrenti con il fiato sul collo; se era la casa di un collezionista dopo una battaglia psicologica di scambi o di trattative. Ogni acquisizione basata su grandi difficoltà crea anche soddisfazione e solo il denaro, tanto, consente di arrivare a ciò che si desidera. Sarà triste per qualcuno, ma è la condizione che ci rende tutti pari, quando si gioca correttamente. Quello che, ipocritamente, spesso non si dice è che il mondo del collezionismo non è un mondo pacifico e che per evitare le lotte solo il denaro può impedire di avere a che fare con chi opera in modo non corretto. Viva le aste! Alle quali possono partecipare tutti: gli addetti ai lavori, gli incompetenti, i curiosi, i novizi (spesso più caldi e disposti a spendere) ed infine un'altra categoria di persone, quella che di questi discorsi si disinteressa. Perchè non rivenderà mai più niente e terrà tutto per se, per la propria sola felicità di accumulo. Meglio anche solo un pezzo l'anno...

 

10 novembre 2020. Oggi mi è toccato difendermi dalle aggressioni di tale GIULIANO CALANDRA, ritengo nome d’invenzione, che utilizzava la foto del mio studio sulle scatole di PUGLISI e MANARA su Facebook, infischiandosene dei miei messaggi di monito relativi al diritto della proprietà intellettuale. Per fortuna è bastato rivolgersi alle persone giuste che usano ancora il cervello e sentono il senso di responsabilità. Però che stress!

 

2 ottobre 2020. La propensione verso un significato univoco è mio grande anelito. Ma in realtà il doppio significato è sempre dietro alla buona o alla cattiva fede. Chi siano “I VERI AMICI” è a cosa servono dipende proprio da questo. Comunque il coefficiente d’intelligenza ci consente di giocare una bella partita anche se dall’altro lato ad un certo punto qualcuno prenderà di forza la piattaforma di gioco e l’agiterà gettando in aria pedine, dadi e ogni altro elemento che ne contraddistingue l’andamento. In tutto questo il tempo e lo spessore dei partecipanti traccia dei solchi che divengono canyon.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

 

27 settembre 2020. Il detto è questo:” Chi va a Roma perde la poltrona. Chi va a Milano perde il divano”. Ma alzandosi in piedi e facendo un telefonata ho acquistato una SUPER RACER nel modello MONZA SILVERSTONE in belle condizioni che cercavo da tempo… Quando il modernariato non si risolve solo in una chaise longue. Attènti!

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

 

24 settembre 2020. Cosa fare per andare a Genova? Come integrare questo desiderio con tutto ciò che scorre attorno? Non voglio che passi un intero anno.

 

13 settembre 2020 Oggi al mercato delle pulci di Catania registro una nuova acquisizione delle scatole CAVIEZEL rettangolari a spigoli vivi. Da Peppe Oddo, non senza resistenze, mi convinco a comprare il formato più piccolo di quelli nella mia disponibilità al momento. Ma so per certo che ne esista uno ancora più piccolo, perché dispongo della parte inferiore, ma non del coperchio. Per cui definirò questo modello, acquisito oggi, la misura media. Esiste anche la grande e le grandissima.
All’interno ho trovato tante matasse di filo ancora da usare e dotate di fascetta di contenimento che le fa risalire agli anni ’60. La scatola sicuramente più vecchia. L’ho posizionata sopra le altre in modo piramidale. E’ molto curiosa la somiglianza complessiva con le scatole Di Paola che ritengo essere successive ed ispiratesi alle CAVIEZEL.

 

8 settembre 2020 Emma combatte con la prima serie dei suoi microscopici nemici invisibili. Non si tratta ancora dei recessi della mente. Sono bacillococchi che cercano di usurpare il suo essere “cocca paciocca“! Emma sta reagendo benissimo.

 

24 agosto 2020 Completata oggi quella che nel gergo dei collezionisti di robot è chiamata la “GANG OF 3”. Grazie all’acquisizione del MISSILE ROBOT della giapponese ALPS rimetto in collezione un robot che mi ricorda due amici del passato che adesso non sono più. A ciascuno di essi è legato un ricordo diverso che vede come protagonista il MISSILE ROBOT. Dal primo amico avevo acquistato un robot importante che avevo ceduto poi al secondo che mi aveva corteggiato per oltre due anni. Non cedetti subito, nè per inesperienza nè per cupidigia. Cedetti per il grande disegno che il secondo amico, Paul, mi disse di avere.
Ma partiamo con il ritrovamento. Dei tre è il robot centrale. Caratterizzato da un corpo in latta del medesimo colore grigio chiaro che è proprio del colore del viso in plastica. Lo sportello di plastica grigio scuro sul petto permette di occultare 5 missili in plastica rossa trasparente, che fuoriescono vistosamente ben oltre quello che ci si possa aspettare, poichè telescopici. Braccia in plastica, contrariamente ai due robot compagni che le hanno invece in latta.
In questa foto dove vengono ritratti insieme si scorgono le somiglianze estetiche. Sono uguali per la forma complessiva,l'altezza, le gambe e l'impostazione dell'interruttore di accensione che avviene tramite le antenne, sempre diverse. Il primo a sinistra, probabilmente anche il primo ad essere stato realizzato, si chiama MOON EXPLORER, il secondo è il MISSILE ROBOT e a mio avviso quello prodotto per ultimo, il terzo è inveceil ROCKET MAN, l'unico dei tre azionato da filoguida perchè nella sua complessità può anche sparare due grandi missili bianchi posti sulle spalle. Anche piuttosto alti e quindi difficili da collocare in vetrine con altri robot più piccoli, dalle dimensioni standard, insieme sono piuttosto impressionanti.
Ma desidero adesso parlare di Paolo e di Paul.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Il primo amico è Paolo Musco, veterinario in Buscemi ed antiquario per vocazione. Quando ancora la comunicazione non si basava su messaggini e w’app, c’erano già le mail ma non per noi, passavo interminabili ore della sera a farmi raccontare aneddoti di altri tempi e di persone a me sconosciute. La mente si allargava, si mitizzava chi ci aveva preceduto, si accresceva l’antipatia per i concorrenti, si pianificavano e si mettevano a calendario le razzie pacifiche presso collezionisti ormai stanchi, o antiquari, o rigattieri inconsapevoli di possedere quelli che per noi erano grandi tesori.
Un giorno che risale ancora allo scorso millennio, Paolo ritornò da Solarino, paese di cui conoscevo a stento il nome; per telefono mi disse di aver trovato un Mazinga. All’epoca propendevo con più contentezza per uno shogun in vinile di Mazinga alto 60 cm che per una latta e plastica come quello che mi si parò davanti dopo due settimane dalla telefonata.
La mia faccia non piacque a Paolo ed anche il mio stato d’animo non piacque a me. All’epoca non navigavo nell’oro ed ogni spostamento andava lungamente ponderato. Pur nondimeno quel robot che presentava una M cromata in rilievo, sotto il mento, al posto del collo aveva qualcosa di strano e fascinoso, quindi benché non rispondesse ai canoni estetici dei miei desiderata di giovane ed inesperiente collezionista, decisi di acquistarlo. Il viaggio ormai era fatto e tornare a casa a mani vuote sarebbe stato ancor più deludente.
A distanza di appena un anno, durante la solita passeggiata domenicale del mercato delle pulci della mia città, ero dinanzi ad uno dei pochi tavoli che valeva la pena di ricordare e mi apparve in tutta la sua “grandezza” Paul Lips mentre richiedeva al venditore della bancarella la possibilità di acquistare robot in latta o giocattoli in generale. Il venditore senza esito disse: “Ciu dumannassi o picciriddu!” (Glielo domandi al fanciullino!) che poi sarei io, perché per tutto il mercato, anche per colpa della mia statura, del mio viso imberbe e di ciò che ricercavo, ero conosciuto con questo epiteto. Ormai svelata la mia natura di collezionista in erba, anch’io colpito da curiosità e da una sana necessità di condividere il mio stato, cominciai ad accompagnarmi a Paul girovagando per il mercato. Era a sua volta accompagnato da una grande donna, entrambi reduci da una sontuosa festa di matrimonio di amici siciliani di cui, dopo pochi secondi, ero già al corrente. Da lì a poco erano ospiti a casa mia. Non tardò il corteggiamento per il Missile Robot. Ma se l’amore fu a prima vista, bisognava armarsi di grande dote.
Paul mi chiamava con una puntualità esemplare. Non riesco a ricordare quante telefonate e quanti argomenti, i più disparati, abbiamo toccato. Di Paul, tra le cose che rimpiango, è la estrema versatilità con cui passava da un argomento all’altro senza restare banale o ossessivo. Mi faceva ridere di tutto e di tutti. La stessa cosa era possibile dire di Paolo. Di Paolo rimpiango anche il fatto che fosse un “mavaro”. Ma questa parola non la traduco, da sola non basta a definire questo suo sesto senso, che supera l’istinto animale e che mi fa venire i brividi quando lo ricordo in certe frasi che mi rimangono scolpite ancora nel cervello. Inoltre era un gran segugio, dormiva molto poco ed era sempre in giro per la Sicilia. Mi chiamava dai luoghi più reconditi e meno conosciuti per il sottoscritto. A Paolo oggi urlerei a due millimetri dall’orecchio “Tullio!”. Così faceva lui per manifestare il suo dissenso riguardo ad una coppia mal assortita in cui il fortunato Lui aveva questo nome e la Lei era il solo desiderio di Paolo.
Il Missile Robot che poi ho ceduto a Paul è stato venduto nella famosa asta di Londra del 2005 con tutto il resto della sua vasta collezione. Si può dire che lo abbia avuto per più tempo io che lui. A saperlo prima forse non lo avrei ceduto. Ma Paul se lo meritava ugualmente per quanto è stato amico e per quanto mi ha insegnato nel tempo. In fondo comunque oggi il Missile Robot sarebbe divenuto comunque un doppione.
Vorrei tanto che al posto di ognuno dei due Missile Robot ci fossero ancora Paul e Paolo. Anche nei nomi incredibilmente simili, veri amici di cui la vita può farci dono, che mai doppi saranno.

 

21 luglio 2020 La scatola di latta di cui desidero parlare oggi è stata recuperata all’interno di un garage stracolmo di materiale da cineamatore. Tra proiettori, lenti focali, nastri e film nei supporti e formati più vari, non si capisce quale attinenza potesse avere. Per questo sono stato inizialmente portato fuori strada dall’idea di cosa potesse contenere. Mi ha poi confortato una serie di considerazioni ed un regalo inaspettato poi mi ha dato conferma.
Procedo con l’analisi della scatola BORGHESE di Napoli. Su una scatola molto bassa e larga è visibile l’insieme di 5 vetrine, includendo anche l’accesso al negozio, che tradisce contenuti più vecchi di quanto il prospetto dell’immobile non voglia, con modernità, far apparire. La facciata appartiene infatti ad una costruzione abbastanza coeva con il periodo della realizzazione della scatola, a mio avviso da porsi intorno alla metà degli anni ’30.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Scrutando quanto si scorge invece all’interno, si capisce che l’attività pone le sue basi su periodi storici precedenti. Ciò che questa scatola doveva contenere, a primo acchito, fa pensare immediatamente a ricambi per auto. Perché questo era ciò che vendeva questo grande negozio. Belle le condizioni generali.
La tematica e la lineare visuale prospettica che il coperchio propone mi consentirà di usarlo come sfondo per le nuove acquisizioni di giocattoli di latta a tema automobilistico che potrò fare in futuro.
Come dicevo però, un regalo avuto dopo qualche giorno, anche perché avevo condiviso l’informazione del ritrovamento con vari amici, è stato nel senso di questa seconda scatola, della stessa ditta, che ho ricevuto dal mio amico Giovanni.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Salta subito all’occhio che il palazzo sia sempre lo stesso. L’immagine si espande su tutta la proprietà e dimostra ampiamente la grandezza dell’attività nel suo insieme. Si sa, in fondo, queste immagini servivano anche a questo: a colpire e ad impressionare chi le riceveva in dono. Perché in effetti queste scatole, che pensavo fossero una sapiente esecuzione di packaging avanzato per la tipologia dell’azienda che ne aveva fatto uso, in realtà non erano altro che scatole di biscotti per la promozione durante festività o ricorrenze.
E’ della seconda scatola, più recente di quasi una ventina d’anni alla prima, il puntuale riferimento per iscritto alla ditta che si occupava di riempirla di prelibatezze. Mi riferisco alla SAIWA. Questa curiosità gastronomica è resa ancora più interessante dal fatto che questo cognome già altisonante di suo, effettivamente presenta un’ulteriore coincidenza nel fatto che si tratti del nonno del ben noto Alessandro Borghese, riduttivamente definibile chef. Altro modo per dire che nulla si improvvisa e che certe strade sono segnate prima ancora di percorrerle.

 

5 luglio 2020 Una nuova tonnara di corsa PORTO SCUSO va a fare compagnia alla tonnara di ritorno di SPACCAFORNO. Ma la più imperscrutabile resta la SANPIETRO. La religione l’avvolge ed il santo sembra un Colosso di Rodi. Inoltre altre due LUIGI ROSSA contribuiscono alla contentezza di questa giornata particolarmente generosa di acquisti per la collezione.

 

29 giugno 2020 Dalla triangolazione Ivrea-Legnano-Vercelli rinasce il mio amore per le Luigi Rossa, le grandi scatole di caffè, vero estratto olandese, che raffigurano un grande elefante africano, sui due lati più grandi contrapposti, in oltre 36 versioni conosciute. Le scatole hanno anche una peculiarità determinata dal coperchio sempre diverso e raffigurante, in molti casi, immagini della vita italiana nelle occasioni più curiose. Oggi mi è giunta una delle versioni più difficili da trovare che mi da speranza di potere completare la serie entro una ventina d’anni!

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

 

30 maggio 2020. Uno dei giocattoli che mi sono aggiudicato all'asta americana dello scorso aprile è questa donna in triciclo sospesa sopra un vasino. Nel mondo collezionistico a cui appartengo i soliti informati definiscono questa bimba con il nome di BETTY BOOP.
Poichè possiedo quasi tutti i giocattoli italiani della BELLONI o della INGAP che possono essere ricondotti a questo genere, come il SIGNOR BONAVENTURA ispirato al noto personaggio inventato da Sergio Tofano o il gatto FELIX di Messmer/Sullivan, od ancora il cane BONZO di George Studdy, non potevo non completare la schiera dei personaggi mancanti anche con questo giocattolo. Adesso che ho l'opportunità di studiarlo bene, mi appaiono meno evidenti le certezze che altri mi hanno imposto per anni. Quindi per quanto felicissimo di averlo adesso tra le mani, ma soprattutto dinanzi ai miei occhi, ne distruggerò ogni poesia al fine di ritenerlo ancora più importante per tutto ciò che seguirà alle mie considerazioni.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Descrivo il giocattolo ed il suo funzionamento. Sopra un triciclo mobile, su cui, in posizione seduta sopra un vasino da notte, sta una bambina con gonna plissettata rossa e camicetta gialla a maniche corte elasticizzate, avviene un movimento non esattamente naturale per una persona, men che meno per una bambina. Il moto quasi perpetuo che genera il meccanismo a molla accentua la regolarità di questo saliscendi. Dal vasino si scorge la sagoma di un topo che fuoriesce. L'effetto comico si scorge. Il posizionamento sopra una base mobile è meno intuitivo. Se non conoscessi gli altri giochi dello stesso tipo, lo troverei ancora più bizzarro di quanto già non sia. Ma andiamo oltre...
Questo giocattolo italiano prende spunto da un gioco appena più vecchio, dal meccanismo a leva che veniva azionato dalla semplice pressione di due dita del bambino e non da meccanismo a molla. Venne realizzato dalla società tedesca dei fratelli Einfalt e qui sotto ne mostro un buon esemplare.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Le differenze sono parecchie e non è solo una questione di fantasie cromatiche del fiocco o del vasino. Anche il volto della bambina è molto simile, ma molto diverse le proporzioni degli occhi, del naso, della stessa forma del viso. Molti anni fa ho raccontato, sempre in questo BLOG, una considerazione molto simile in merito ad un gioco del tipo "Clic Clac" che funziona a leva, realizzato nei due paesi, che aveva gli stessi contenuti di sottile armonia con le forme delle donne che andavano ritratte. Il fatto che anche qui si ripeta questa differenza mi conferma che chi costruiva, o peggio chi copiava (quindi gli italiani su prototipo tedesco) non sempre restavano fedeli all'obiettivo primario che era quello di far finire il giocattolo nelle mani di un bambino.
Le considerazioni che seguono pertanto vogliono dimostrare che questo giocattolo è raro, è da ricercare e da avere in una collezione che si rispetti, ma per motivi ben diversi da quelli della mera e semplice attribuzione a Betty Boop. La coincidenza di alcuni aspetti del personaggio rende più simili gli argomenti di cui voglio parlare. Ma lo ritengo solo un caso.
La somiglianza di questa bimba con la meravigliosa e conturbante raffigurazione di un personaggio dei cartoni animati degli anni '30 venuto fuori dalla penna di Grim Natwick non è così immediata come si vorrebbe. Anzi, per me non è affatto Lei.
Betty Boop aveva una faccia grande, con occhioni cigliatissimi; sguardo laterale e sfuggente che non ti guarda mai fisso come le migliori bambole Lenci; bocca a cuore posizionata sul finire del viso, quasi sfuggente al punto da apparire un bacio in procinto di spiccare il volo.
Quella diva di celluloide, alla stessa stregua delle flappers come Clara Bow ed Helen Kane, a quest'ultima si ispirò Natwick per realizzare la sua creazione, un po' pinup, un po' burlesque nel senso moderno del termine, non può e non deve essere confusa con questa bambina. Per vari motivi: i vestiti prima di tutto; l'acconciatura ricorda molto la Bow e molto meno la Kane, ancor meno Betty Boop che aveva due piccoli riccioli speculari tra loro, appena pronunciati, che qui sono un solo ciuffo che nasconde la fronte. Nei disegni di Natwick invece la fronte ha la sua rotondità e ampiezza che qui non si nota. Per non parlare del nasino quasi accennato che nei giocattoli, in entrambi i casi, sono invece piuttosto pronunciati. La stessa bocca ha una posizione più centrale e rialzata. Come se non bastasse, queste sono bambine e quella era una donna, dal vestito ridotto e scollato.
Allora c'è da chiedersi se il collezionismo attuale debba trovare forte attrattiva solo nei giochi che si rifanno ad un personaggio noto, alla stregua di tutto ciò che al giorno d'oggi é "logo" ostentato. In fondo, se questo personaggio non è chi dicono che sia, perchè dovrebbe continuare ad essere attraente per i ricercatori più incalliti? Alla stessa stregua chi, come me, non vede in questa donnina Betty Boop dovrebbe smettere di ricercarlo. Quale che sia la ragione, il fuoco supremo era spento in molti. Anche per questo motivo ho potuto acquistarlo ad una cifra 8 volte più bassa di quanto sapevo essere la migliore valutazione in altri tempi.
La spiegazione che mi permetto di formulare, attiene certamente al mondo delle flappers, disinvolte e disinibite donne truccatissime che accentuavano i desideri maschili nel periodo storico in cui il gioco è stato realizzato. Ma più specificatamente al contraltare del mondo che si formava dentro le menti degli uomini che le desideravano. Questo gioco dice e non dice, è una trasposizione di emozioni non proprio positive, un aiuto per arrivare "laddove oltre non si potea dir".
Ma in pratica era talmente tanto evidente da apparire ovvio. Subliminale per chi decideva di non acquistarlo, ritenendolo di cattivo gusto.
Questo è sostanzialmente il motivo per cui questo gioco ha avuto una minore diffusione rispetto agli altri realizzati da Belloni e dunque divenuto raro per i ricercatori. Non aveva grande risultati di vendite in virtù di un "appeal" che andava più nel senso del segno di decadenza dei costumi.
Questa espressione di decadenza dei costumi, legata al voyerismo, parte da lontano; dalle occhiate amorose del principe di Galles, non ancora Giorgio IV, che creò la moda in ambiti elitari dell'occhio dell'amante. Dopo 100 anni di uso ed abuso, l'occhio dell'amante si è posato sul fondo di un vasino da notte per signore.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Il paradosso dell'amante che è affascinato dalla cultura e dalla bellezza filosofica della donna a cui anela e soffre nel dilemma di appagare il desiderio a dispetto della complicità intellettuale, in quanto pulsione romantica ormai lontana, ha perso ogni fascino nella professione dell'uomo moderno. Vasini da notte indiscreti che guardano e spiano ben oltre la semplice dimostrazione di presenza affettuosa. Voyeurismo sempre più incalzante; persino nei giocattoli dall'idea del gioco tedesco alla "Betty Boop de noantri" a tre ruote realizzata da Belloni. Perchè non è solo ammiccante ad un certo tipo di "guardoneria", ma perchè va ben oltre nelle allusioni. Non poteva raggiungere il successo di personaggi come il Signor Bonaventura del corriere dei piccoli o il Bonzo di Mc Manus, tra l'altro cane molto in voga del periodo storico in cui i bulldog francesi erano dappertutto.
In sostanza, per finire, per questo motivo adesso va cercato disperatamente questo triciclo con donnina e vasino, non perchè essa rappresenti chi non è. La ricerca va compiuta per chiudere un tassello antropologico all'interno di una collezione: la lenta decadenza dei costumi; il mondo che va sempre a peggiorare per colpa delle cattive intenzioni. Attualissimo perciò. Il topo è una metafora. Lui è più protagonista di quanto non si pensi.
La consapevolezza dell'uomo colto non può bastare per desiderare una rivalsa. Perchè anche l'uomo colto si fa vincere dalle pulsioni più basse. Che a furia di parlare di sfacelo sia arrivato il momento di aprire gli occhi? Che mutualismo, ecosostenibilità e rispetto triangolare possano opporre interessi più alti all'attentato alla vita perpetrato da questa classe politica che lo maschera in senso di rilancio e difesa del popolo? Il paradosso renziano della Bonafede va per i Boschi, mentre da una Fontana, senza evidenza, ci si veste di cinquecentomila camici.

 

29 maggio 2020. Oggi il racconto è lungo e comincia innanzitutto dalla storia della collezione di una coppia di coniugi romani che ormai non sono più. Una arzilla coppia che nella scena italiana del collezionismo di giocattoli italiani, ma anche spagnoli e tedeschi soprattutto, ha avuto sempre un certo ascendente su quanti, a vario titolo, li hanno conosciuti. Questa coppia ha cominciato in tempi tanto lontani da dovere essere considerata coppia di antesignani di questo tipo di "safari senza vittime". Per quanto mi è dato sapere non avevano avuto figli ma disponevano di nipoti che, su stesso ordine dello zio, hanno dato mandato di dispersione di questa vastissima raccolta negli scorsi mesi tramite una casa d'aste americana, anche a fronte dell'interessamento di un noto commerciante italiano, il "Re" dei commercianti.
E' piuttosto naturale e l'ho scritto spesso che chi sopravviverà al nostro passaggio terreno, nel caso in cui lasceremo qualcosa, costui o costoro avranno spesso interessi diversi dai nostri e nessuna volontà di portare avanti quello che altri hanno sapientemente costruito in un largo arco di tempo. Ciò rende ancora più difficile il lavoro che si fa in vita, perchè l'attimo successivo al venire a mancare è già privo di significato, perchè non ci siamo; se poi segue la dispersione, questo atto scellerato di chi ci segue vanifica ogni tempo di ricerca, lo azzera e annulla ogni passaggio sulla terra. La distruzione di una collezione rende ancora più vana non solo la vita stessa di chi ha compiuto un lavoro così importante di salvaguardia di quanto altrimenti avrebbe fatto chissà quale fine, ma anche ciò che essa costituiva, perchè non è più possibile vederla nell'interezza e capirne il senso.
Questa coppia è riuscita a raccogliere in un lunga vita di ricerca oggetti molto importanti e dalle condizioni di conservazione particolarmente interessanti. Ciò è dovuto al fatto che bastasse, per loro, un piccolo sentore di notizia perchè decidessero di improvvisare repentini viaggi anche a migliaia di chilometri di distanza alla ricerca di oggetti che provenissero da fondi di magazzino o dalle cantine di palazzi importanti appartenuti a famiglie altrettanto tali, scovate da abili antiquari e ricercatori. C'era anche del fortuito nei ritrovamenti qualcuno potrà dire. Non c'è niente di fortuito per chi fa questo tipo di ricerche io, invece, penso. Perchè l'opportunità di trovare il demonio è più facile dinanzi ad un esorcista che all'interno di quattro strette mura di una casa infestata di spiriti. Solo frequentando i mondi della ricerca: vecchie mercerie, negozi abbandonati o ancora aperti ma storici e da tante generazioni, ed ancora mercati antiquari, tetri covi di rigattieri e case di algidi ricercatori è possibile imbattersi continuamente nel frutto del peccato, sempre più raro, curioso, unico, irripetibile. In tutto questo non c'è fortuna. C'è la costanza che da il premio. Non è questione di vento che spira dal lato giusto, è questione di assere puntuali all'appuntamento.
In una occasione ormai remota il controaltare della loro fortuna (ma sarebbe il caso di dire il loro eccesso di affidamento) remò in senso opposto. Famoso l'episodio di moltissimi anni fa che causò la sparizione di parte della collezione. La notizia finì su tutti i giornali ed io l'appresi da Rai 1, durante il TG del mezzogiorno, subito dopo il furto eseguito ad opera di ignoti (ma ci fu un epilogo per cui si scoprì che tanto ignoti non erano), la spagnola, così era chiamata la signora Baldoni, al giornalista che la intervistava disse con candida ingenuità qualcosa di questo tipo: "Della roba di valore non mi importa molto, ma faccio la preghiera che mi restituiscano almeno i giocattoli".
Si. Perchè per la signora e per il marito, noto invece solo come l'avvocato, i giocattoli erano preziosi alla stessa stregua e con lo stesso attaccamento che si può avere per un figlio. La cosa potrà non essere condivisa ed io sono il primo a pensarla così. Ma una certa tenerezza veniva fuori da quelle parole e, se un genitore imbastisce una vita d'istruzione e cura per un bambino che diventerà adulto per piccoli passi, così la coppia aveva svolto il compito di implementare a dismisura una collezione che, solo per ciò che è stato disperso fino ad ora, poichè non è ancora tutto, sarebbe stato un figliolo piuttosto ben cresciuto e strutturato.
Fu così che lo scorso 4 e 5 aprile si è tenuta l'asta in piena "pneumosfera", intendendo con ciò definire l'assenza di socialità concreta dell'uomo , poichè ciascuno di noi è stato costretto a dovere vivere la condizione di segregato in casa e qualsiasi relazione con gli altri è avvenuta per mezzo di media che consentivano un avvicinamento, qualora lo si cercasse, molto meno reale del tu per tu, del face to face, non parliamo del corpo a corpo.
In altre parole, nessuno poteva essere presente fisicamente all'asta americana e quanto è avvenuto: accordi di offerta, prenotazioni tramite telefono, offerte, rilanci, rincari, battiti di cuore, ripensamenti e rimorsi sono stati tutti devoluti a piattaforme digitali. Senza possibilità di respirare l'emozione della sala. Alla pressione della condizione umana in tempi di COVID-19 è seguita la forma di libertà che ciascuno dei partecipanti ha voluto esprimere per se stesso e per la propria collezione.
Dopo avere sentito vari amici ed avere parteggiato per le loro espressioni di desiderio di acquisto, qualche raccomandazione in più sulle modalità di esecuzione e qualche risata di gusto, ma anche isterica, perchè da lì a poco sarebbe cominciata la competizione con illustri sconosciuti e con qualche orrido conosciuto, è partito lo smembramento.
Mi sono aggiudicato 5 lotti per me, 2 per una mia cara amica ed altri 19 ho perso all'ultimo rilancio. Meglio così. La spesa l'avrei ricordata per sempre se mi fossi aggiudicato ben 24 lotti!
Qualche offerta ho fatto anche con nessuna intenzione di comprare; si trattava di lotti talmente tanto importanti che il piacere era già di esserci più ancora che di acquistare.
Rammarico per un lotto in particolare su tutti che i fortunati acquirenti hanno acquistato per un importo quasi dimezzato rispetto al prezzo speso dai coniugi per l'acquisto. Perchè si potrà dire che molta parte della collezione sia stata acquistata in tempi non sospetti per cifre piuttosto modeste. Ma è anche vero che una collezione realizzata solo con spese modeste e comprando solo ciò che ti propongono non è mai una collezione, è solo una semplice raccolta. Non è la stessa cosa. Su questo concetto ho speso molte parole in passato ed ancora potrò dire per il futuro.
Nella fattispecie per l'auto giocattolo italiano di cui parlo senza ulteriore specificazione, l'avvocato era capitolato al primo prezzo di richiesta piuttosto salato.
Tra le tante meraviglie presenti in questa collezione voglio innanzitutto fare riferimento al Jouet Citroën a cingoli, la "Kégresse de la Première traversée du Sahar". Il più ambito dei giocattoli realizzati per volere di André Citroën negli anni '30. Abitualmente viaggia a prezzi molto diversi dal risultato finale di aggiudicazione. Penso che la platea dei partecipanti lo abbia sottovalutato ed abbia creduto che si trattasse dell'ennesimo falso (esistono nelle collezioni parecchi esemplari di questo modello ricostruiti in tempi successivi per soddisfare la domanda e quindi crea dubbi ogni ulteriore mezzo che fuoriesce), ma credo che stavolta il fortunato acquirente rimetterà tutti in riga. Al compratore va il mio plauso.
Segnalo poi il "lot 108 - Alemanni Two Seat Touring Car". La versione grande della Lambda torpedo di colore rosso realizzata da Alemanni nei primi anni '20 e non nel 1910 come scritto macroscopicamente male (errori ce ne sono stati così tanti nelle descrizioni della casa d'asta, da risultare ininfluente cosa potessero scrivere per ogni lotto). Un oggetto che prima o poi comprerò per la mia collezione.
Ed ancora i lotti: 119 Mercedes Tippco Coupe fiammante; 161 ballerina Victor Bonnet (talmente tanto particolare per la plasticità della figura da poter occupare per intero, di diritto, una copertina di libro o la centralità di un manifesto); 249 Minnie della ditta La Isla (anche questo definito, alla buona, della ditta Paya, senza ripensamenti); 279 Bus corriera AUTO CARS TURISMO da 50 cm, per dirne alcuni.
Poi i super pezzi: diverse Open Touring cars della Gunthermann e della Bing dalle misure varie sino a pezzi che superavano i 40 cm in splendidi pitturazioni a vernice pari al nuovo; le spagnole HISPANIA, tanto auto quanto tram, su tutte la versione piccola della limousine con i colori del rosso e del nero forse più rara della versione grande (famosa per l'asta di Donald Kaufmann che prima era stata di Jeffrey Levy e prima ancora di Peter Ottenheimer) di cui si conoscono due o tre esemplari, stessa cosa non può dirsi di questo esemplare più piccolo; ed ancora il lotto 306, una carrozza Four Seat Break con 8 personaggi di cui 5 originali della Rock & Graner dall'aspetto quasi stordente. Poi una Marklin per il mercato spagnolo dal nome "Marguerite", ulteriore conferma qualora ce ne fosse bisogno della dimostrazione che i Baldoni in Spagna erano di casa. Ma sto omettendo anche moto di un certo spessore, automi e molto altro perchè non si può parlare di tutto quello che erano i quasi 650 lotti del primo giorno; più tutti quelli del secondo dopo un intermezzo di BANKS, i salvadanai che piacciono solo al mercato americano e che in Europa hanno sicuramente molto meno presa e fascino.
In autunno ci sarà il seguito. Ma il grosso è andato via. Proseguirò il racconto parlando di un paio degli oggetti minori che componevano le fila di questa importante collezione e che adesso sono nella mia.

 

25 maggio 2020. Il rovescio della necessità di velocità di cui ho parlato qualche giorno fa è la pazienza nell'attesa della lentezza esasperante delle spedizioni in questi giorni. Questo giocattolo tedesco mi è arrivato dagli USA dopo aver lasciato il continente americano quaranta giorni fa. Non è il solo e ne aspetto altri perchè i lotti erano divisi in due giorni d'asta. Per ironia della sorte è già arrivato il pacco del secondo dei due giorni. Userò questa auto e ciò che rappresenta per raccordarlo al senso della velocità che ha portato gli artisti del secolo scorso a divenire ancor più dinamici.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Passiamo innanzitutto alla descrizione del mezzo raffigurato da questo giocattolo. La carrozzeria è quella di un Tonneau Rear Entrance. Le caratteristiche principali dei Tonneau sono determinate dalle forme curve ed avvolgenti di ogni seduta. Altra peculiarità che è poi solo delle Rear Entrance è determinata dal potere accedere ai sedili posteriori, solo tramite un angusto sportello che era poco più piccolo dello stretto passaggio all'interno del quale i passeggeri che sedevano dietro dovevano condividere le loro gambe durante tutto il viaggio. Inoltre su panche parallele che si fronteggiavano e che non seguivano il senso di marcia.
Passiamo adesso all'analisi che mi interessa rimarcare. Questo modello è stato molto in voga nei primi cinque anni dello scorso secolo. Ovviamente in quei tempi le forme del corpo vettura prendevano spunto dall'esperienza degli artigiani delle carrozze, i primi veri carrozzieri; pertanto le forme erano tali e tante da rendere qui vana una riassunzione ai generi principali che erano molteplici. Una cosa avevano in comune tutti questi nuovi mezzi a quattroruote: velocità di crociera più elevate e costanti (viabilità permettendo) di quelle che potevano consentire cavalli a più attacchi, per quanto freschi, lasciate le "poste" più prossime.
Giova pensare in questo breve lasso di tempo, trascorso tra l'uso di queste vetture e la redazione del Manifesto nel quale è scritto anche:"Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita."
Chi legge ai tempi nostri questo conclama, pensando ai gran premi di formula uno o alle tratte di voli atlantici di aerei di linea, non parliamo dei supersonici militari, potrà mai pensare a quali velocità veniva rapportata la soddisfazione dell'essere lanciati in corsa? Come si sia formata la mentalità del dinamico, ma soprattutto dove si sia fermata, rispetto ai tempi attuali, quindi a cosa al massimo potesse essere arrivata la percezione della velocità nel 1909 è un concetto che solo pochi all'epoca avevano insito oltre ciò che era il senso comune. Era il caso dei record e delle misure superiori al centinaio di chilometri all'ora che sono finite nei libri di motorismo sportivo. Anche se alla fine di quell'anno la Benz 200PS (soprannominata Blitzen-Benz) riuscì a superarli i duecento chilometri all'ora con Victor Héméry ed una alimentazione di 21,5 litri!
Guardiamo ancora chi sta sopra questo tonneau. Innanzitutto lo scaltro e sicuro chauffeur che conduce giocondo le due signore verso la loro meta. Non porta occhiali, non ha vetro che schivi insetti e vento, non ha neanche cinture di sicurezza. Il concetto stesso di protezione non pare appartenergli. Anche ergonomicamente non è messo bene. Ci sono poi le due donne, provviste di occhiali e di velo per non perdere il cappello; entrambe ricurve sui loro stessi fardelli; rassegnate per un viaggio che non sembra giungere a destinazione. Non seguono il panorama. Non è detto che arrivino fresche e pulite come alla loro partenza. La velocità non seguiva ancora i temi del confort e per i futuristi anche la scomodità diviene attimo creativo.
Sempre sulla rassegna POESIA che ho pubblicato il 21 maggio Marinetti, per dare la stura al processo creativo che diede luogo alla dettatura delle prime volontà del Manifesto a tutti gli uomini "vivi" della terra, racconta di un viaggio ipotetico a bordo di tre belve sbuffanti (gli automobili famelici, al maschile) all'interno della quale egli racconta si stese "come un cadavere nella bara, ma subito resuscitai sotto il volante, lama di ghigliottina che minacciava il mio stomaco"..."E noi correvamo, schiacciando su le soglie delle case i cani da guardia, che si arrotondavano, sotto i nostri pneumatici scottanti, come solini sotto il ferro da stirare. La Morte addomesticata mi sorpassava ad ogni svolto, per porgermi la zampa con grazia, e a quando a quando si stendeva a terra, con un rumore di mascelle stridenti, mandandomi, da ogni pozzanghera, sguardi vellutati e carezzevoli"
"... ed ecco ad un tratto venirmi incontro due ciclisti, che mi diedero torto, titubando davanti a me come due ragionamenti, entrambi persuasivi e nondimeno contradittorii. Il loro stupido dilemma discuteva sul mio terreno... Che noia! Auff!... Tagliai corto e, pel disgusto, mi scaraventai con le ruote all'aria in un fossato..."
"...Credevano che fosse morto, il mio bel pescecane, ma una mia carezza bastò a rianimarlo, ed eccolo resuscitato, eccolo in corsa, di nuovo, sulle sue pinne possenti!"
Se solo avesse usato questo Tonneau, non oso pensare cosa sarebbe rimasto delle due signore!

 

21 maggio 2020. "Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!..." Queste solo le ultime parole usate da Marinetti nel suo Manifesto del Futurismo che ha visto la luce nel 1909. Lo si lesse nel febbraio di quell'anno in più riviste italiane e quando arrivò alla pubblicazione sul francese Le Figaro ottenne gli incensi che sono propri della internazionalità. Ma ritengo che la copia che meglio incarni l'ascesa alle stelle di quelle formichine frenetiche che avevano per loro regina, F.T.Marinetti, sia stata la pubblicazione "Poesia", diretta in passato anche da Sem Benelli.
Mi esprimo dei futuristi come di formiche colpite dal sole e al pieno della loro azione da metabolismo accelerato per intendere qualsiasi momento del loro operato. Una battaglia, un intervento, un agone, un'apparizione fugace e repentina che spalancasse le mandibole per la sorpresa e le richiudesse con un gran ceffone. Perchè anche questo erano incoerenza. Una incoerenza passata alla storia della letteratura con le parole libere, ma concludenti.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

In POESIA ci sono precise lusinghe anche per Federico De Maria, l'autore del Fabbro, poesia futurista ante litteram del 1901 in cui sono anche questi versi:

"Picchia, batte, ripicchia su l'acciaro
che tintinna e sfavilla: io voglio aprire
agli uomini le vie dell'avvenire
e a chiudere il passato mi preparo.
...
E' il mio martello enorme
il pensier, che con il mio braccio possente
fo risonar sul metal rovente
dell'anima, del cuore e delle forme.
E l'universo, che tutto rinserra,
è la fucina che ha per foce il sole;
ivi è mia vasta incudine la terra,
e le faville son le mie parole.
...
Io sono il Dio
di giovinezza, io sono
Prometeo che incede con la fiaccola
in pugno: vi perdono
le insolenze perché sono il più forte
e non mi giunge il fango
che mi gittate. Come col mio ferreo
e saldo braccio infrango
la vostra massa, infrangerò le porte
del carcere ove splende
chiusa, la Verità, gemma purissima!
E batte e batte e batte orribilmente
il maglio che riposo mai non ha,
e foggia il primo e pure il più possente
magnifico lavor: la volontà

 

Facile perdersi appresso ai versi e andare avanti di citazioni, quando si usa la penna e la forza di simili argomentazioni alate.
Partito per raccontar dei futuristi, mi perdo nella faticosa opera di rivalutare ancora più il realista De Maria, che nella rivista che mostro, fu invitato a divenir futurista nel contempo criticato per la sua immaturità e pretenziosità di "infant prodige" giovanile; che fu poi futurista; ma che poi si allontanò dall'omologazione di quella appartenenza, come chi si sente di appartenere solo a se stesso, prima che alla veste che altri gli hanno tessuto sopra. Lui che aveva già rotto con il passato classico affascinato dalla velocità.
Qui il punto. La velocità. La battaglia contro il tempo della nostra fugace esistenza si vince, l'uomo lo sa, solo andando veloci. Questo forse il motivo che ha reso per noi tutti difficile la gestione della quotidianità del lockdown. Fare sempre le stesse cose, sempre più lentamente, sempre più noiosamente. Senza un domani che non fosse uguale a ieri.
In tutto questo andirivieni di nuovi mezzi che incarnano la velocità sono gli smartphone. Eppure ancora declinati al maschile, perchè nessun novello D'Annunzio potrà mai scorgervi sensualità al femminile. Questi manufatti ricompresi tra le nuove tecnologie hanno raggiunto i venti anni dalla diffusione dai vecchi sistemi Symbian agli Android e Ios attuali, pur nondimeno anch'essi ormai "vintage". Costituiscono ugualmente la nostra propensione alla connessione sicura, al nuovo senso di casa, alla certificazione dell'individualismo solitario di gruppo che parla sempre più per neologismi, difetti di punteggiatura e di grammatica, non più scusabili solo perchè le diottrie diminuiscono con l'età o perchè si scrive quello che un mezzo digitale comprende male sotto dettatura.
L'analisi della velocità quindi ritorna al confronto della rivista POESIA con la LITOLATTA pubblicata pochi giorni fa. Le storie che ne hanno determinato la nascita hanno nel mezzo un passaggio temporale di oltre 23 anni. Più di un ventennio, culmine del vecchio per ogni pensiero; il discrimine perchè si possa parlare anche per questi due "monstre" di "vintage".
Poesia, e quindi il Manifesto del futurismo, sta alla Litolatta come il vecchio, che era il nuovo di un passato ancora più chiuso, sta al nuovo, al progresso, "all'acciaro che tintinna e sfavilla"!
Quando la Litolatta era in fase di gestazione, a Zinola il futurismo arrivava dal mare, da potenti motoscafi da cui discendeva lo Stato Maggiore con TULLIO D'ALBISOLA e MARINETTI in prima fila, che arrivava, colpiva e ripartiva, senza ripensamenti, forse sotto scrosci di applausi festosi. Si sospingevano con velocità...

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

"Ringrazio gli organizzatori di questa fischiata, che mi onora profondamente." Quanta spocchia in questo invito al pubblico torinese che si tramuta da attacco altezzoso a disprezzo conclamato. Non sempre furono applausi. Giammai possono seguire approvazioni a tutti quei comportamenti di sfida che non sono basati su nuovi processi creativi. Quindi se salvo i futuristi e la loro misoginia, lo stesso non posso dire per chi si riunisce senza prudenza. Di questi ultimi non è nuova formazione di pensieri elevati, solo desiderio di evasione semplice e banale, fine a se stesso, dettato da strumenti ormai desueti che necessitano di una nuova forma di accelerazione.

 

17 maggio 2020. Da domani si riprende. Senza autocertificazioni di sorta. Partirà la nuova era "Postcovid" sino a nuove limitazioni delle libertà personali. Tutto sarà poco tattile, poco olfattivo.
Altri erano i tempi in cui si sperimentavano esperienze sensoriali su patine litografate di latta lucida lavorata a mano e tagliente come le parole che in essa dimoravano entropicamente. Ben lontano dall'essere attraente per le masse ed in tiratura limitatissima, al punto da necessitare due anni dopo di una seconda edizione più incline al regime grazie all'invenzione di una sovracopertina opportunamente dedicata al duce, le PAROLE IN LIBERTA' FUTURISTE OLFATTIVE TATTILI TERMICHE vedevano la luce 88 anni fa nel 1932.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Le poche copie sopravvissute sono ad appannaggio di musei o di importanti collezioni private. A distanza di tanto tempo, in tiratura ancora più limitata di appena 50 copie, è stata realizzata per pochi eletti questa meraviglia. La riproduzione in metallo della Litolatta originale del 1932, con custodia in metallo e foglio illustrativo in metallo della BIBLOHAUS, nel formato 24,5 x 23,5 cm.
La possibilità di sfogliare una edizione dal gusto vintage, anche perchè volutamente resa vecchia, crea un manufatto che non può non lasciare trasognati.
Personalmente ho ritenuto opportuno acquistare due copie. La prima corrispondente al numero 01/50 raffigura la primissima edizione. La seconda copia corrispondente al 50/50, è variante perchè diverso il posizionamento di due pagine invertite scambievolmente, oltre che per la dedica grafica al regime nella parte esteriore.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Marinetti scrisse verso la fine dei Suoi giorni: "Come potremo combattere senza fucili né bombe. Abbiamo soltanto questi libri d'aviazione stampati su latta da Mazzotti e Nosenzo per corazzarci il petto..."
Ritengo che la loro battaglia, con parole in libertà su pagine di latta, fosse più semplice da vincere dell'attuale che, con mascherine e guanti in lattice o in nitrile, impediscono a chi li usa di riconoscersi e poi oltre ancora di avvicinarsi. In tempi in cui la globalità remava da tempo verso la socializzazione digitalizzata, è dura pensare che la libertà non passi nel breve termine per strette di mano, abbracci, effusioni tattili, finanche a doni floreali.
Quanto contrasto, quanta bellezza in questo capolavoro che è il genio umano... dalla verticalizzazione delle onomatopeiche puntualizzazioni enfatiche, alla manipolazione complottistica orizzontale della genetica del branco, tramite vaccini ritardati. Non sarà maggioranza bulgara ad esprimersi; è il bulgaro Nicolaj Diulgheroff con tutta la sua forza nell'immagine che segue.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

15 maggio 2020. "Suonate sempre come se fosse la prima volta, come se fosse l'ultima volta, come il segreto della vita." Ezio Bosso se ne è andato in silenzio, uno spazio musicale dell'anima che in questi ultimi giorni ciascuno di noi ha ascoltato con minore consapevolezza. Un sensibile genio. Ciascuno di noi può essere di più nel riascolto di qualsiasi sua composizione.

 

14 maggio 2020. Cosa è bene? Cosa è male? Cominciare, continuare, perseverare o desistere? Di fronte alle difficoltà degli altri di accettare la differenza a che serve insistere? La voglia di ricominciare deve avere nuove regole e nuove adesioni. Se sono sempre gli stessi a gareggiare in modo impari, meglio desistere. Non parlo di collezionare. Forse si.

 

9 maggio 2020. Jek, con la "e", lo squartatore. Bloccato. A587 senza ruote.

 

6 maggio 2020. Il diavolo fa le "scatole" senza i coperchi.

 

30 aprile 2020. La terza scatola Gentilini di una serie con coperchio ottagonale (le prime due pubblicate nei giorni 11 e 25 di questo mese) mostra il "Palazzo di Giustizia", invece definito dai romani PALAZZACCIO, per varie vicissitudini ed oggi sede della Corte Suprema di Cassazione ed il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma.
Un palazzo ragionato e voluto in quella sede per contrapporsi, come tempio laico di giustizia, sulla sponda opposta del Tevere, all'imponente Castel Sant’Angelo, tempio di giustizia dello Stato della Chiesa, espressione di brutalità del "potere temporale". Questa necessità realizzativa, se così può definirsi, dovette scontrarsi con la natura alluvionale del terreno. Un palazzo che si decise di posizionare su una base priva di valide fondamenta, doveva far pensare molto. Ma volere è potere. Si modificò tutto il progetto, si rinunciò alla costruzione del terzo piano, si distrussero un bel po' di reperti archeologici. Ma molti anche si salvarono perchè di rilievo, come quelli della giovane Crepereia Tryphaena, nel cui corredo funebre era presente una raffinatissima bambola d’avorio con arti snodabili, oltre ad alcuni gioielli che rappresentavano lo stato agiato di liberto del marito. Già, perchè l'agiatezza è elemento di distinzione per quanto si vuole qui considerare...

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Questa immagine vede l'ultimo dei tre palazzi che stigmatizzano la solitudine dei numeri primi... ciò che dovrebbe essere intoccabile, che dovrebbe esistere sempre, che niente è invece quando l'uomo cessa di essere.
La Chiesa, La Patria, La Giustizia. La "religio"; l'appartenenza che fortifica; il diritto che guida, regola e tempra.
Niente di tutto ciò vale, se non c'è partecipazione. Nulla valgono le costruzioni dell'uomo, senza l'uomo.
Cattedrali nel deserto resteranno tali. Le prossime saranno i regionali costruendi COVID HOSPITALS.

Altro argomento invece dovrebbe essere quello che attiene l'aspetto del Palazzaccio. Come il Papa ha celebrato la Messa Pasquale in solitudine, così il Presidente della Repubblica l'anniversario della liberazione. Immagino la Corte Suprema, già meno solitaria poichè Organo composto da più soggetti, nella celebrazione di un altro momento, la valutazione di tutti i ricorsi ai provvedimenti che hanno inciso sulla libertà personale a seguito dei decreti d'urgenza, che arriveranno al termine di questa grande "sospensione".

 

25 aprile 2020. La seconda scatola Gentilini di una serie avente coperchio ottagonale (la prima pubblicata lo scorso 11 aprile) mostra il "MONUMENTO a VITTORIO EMANUELE II", noto anche come VITTORIANO. Ciò che è raffigurato in questo ovale è anche l'immagine che ha avuto dinanzi ai propri soli occhi, il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ancora una volta, durante il ripetersi di questa ricorrenza, quest'anno importante, perchè settantacinquesima. L'uomo più importante d'Italia, il nostro Capo dello Stato, spoglio di copiose fanfare, milizie, colletti bianchi ed ottoni, forse per un attimo si sarà sentito piccolo.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

19 aprile 2020. Così oggi ho passato il tempo a completare il mio primo robot realizzato con materiali di risulta di tanti altri lavori fatti nel tempo, potrei dire... nella vita passata. La somma degli scarti, non tutti, apposti su una matrice seguendo coincidenze di passi di filettatura, fori, simmetrie, accostamenti audaci, ha concesso di ottenere un tutt'uno dalle lontane parvenze femminili. Non ne vado fiero nel complesso, ma mi sono divertito. La base di partenza è un blocco di alluminio lavorato al tornio che fungeva da alloggio per un braccio meccanico di un cancello elettrico. La base di partenza è quindi il corpo di un robot.
Nelle intenzioni doveva essere un fucile spaziale da accostare a tutti quelli in latta della collezione che sono predisposti per una battaglia cosmica, in difesa o in attacco. Ma pian piano che il montaggio, senza alcun progetto, procedeva, si configurava una diversa opportunità, più attraente.
Le rappresentazioni del robot sono prevalentemente al maschile, per questo li si definisce anche spesso androidi. Di per se è più giusto dire che non abbiano sesso. Esistono tantissime e famosissime versioni di robot donna: il robot di Metropolis che imita Maria, predicatrice di pace; Rosie il robot della serie "I Pronipoti" di Hanna & Barbera, servizievole ed attempata, anche nell'aspetto, cameriera della famiglia Jetson; la bimba robot Vicky della sitcom americana "Small Wonder"; la Caterina di Sordiana memoria del film "Io e Caterina"; per ultima, Ava, del film Ex Machina, la più pericolosa delle rappresentazioni che io abbia finora mai visto. Diciamo che l'uomo non mira ad accoppiare i robot per dar loro compagnia o piacere o opportunità di procreare, tra l'altro ancora di là da venire in forma materica; non lo stesso può dirsi in termini di intelligenza artificiale. Anche perchè dare l'opportunità a replicanti di replicarsi a loro volta, impedisce all'uomo, nell'atto del dare una vita limitata per funzioni e per obsolescenza programmata, di continuare a pensare di aver replicato Dio in se stesso.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Questa mia rappresentazione in onore all'anno 2020 in corso si chiama "PandeMonica C-19", se riferita all'acronimo dell'attuale mutevole virus; o "MadreRobot M-27", se riferita all'opportuna coincidenza di tale cifra, nella parte posteriore del robot, nella litografia di un pezzo utilizzato per completamento; ma anche la risultante di "Mamma26+1". Per chiunque mi legga, assolutamente insignificante. Numero ripetutamente importante, per me e per mia moglie Concetta, il 26, a cui aggiungere Emma la nostra numero uno.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Il posizionamento dell'astronauta dietro al robot, rappresenta quello stesso modo di portare i bambini che è proprio di certe mamme africane che vedo ormai sempre più spesso nella mia città, in certi quartieri del centro storico; abituate a portare i loro bimbi dietro la schiena, schiacciati da una fascia di cotone e spossati dal sonno e dalla stanchezza di un viaggio ancora molto lungo. Cosmico. Anche questo per molti è un racconto di fantascienza, invece reale quanto basta.

 

18 aprile 2020. La fantascienza ingloba le nostre paure e ne fa una rappresentazione quanto più verosimile di una realtà possibile ma che, si spera, in realtà non debba mai esistere. Di modo da scongiurare che ciò che provenga dal frutto di un pensiero distorto, per quanto proveniente da una mente più o meno elevata, non sia mai ciò che possa accadere realmente a questa umanità.
Nel caso del COVID-19 questa mente elevata è riuscita a porre in essere davvero ciò che doveva restare solo all'interno di un libro. Adesso si prospettano, come in tutte le storie di fantascienza ben riuscite, vari tipi di incedere. Proseguimenti narrabili per soggettiva, o in terza persona, o a gruppi di storie incrociate, con flashback, ma anche in presa diretta con lunghi piani sequenza, anche noiosi, ma anche pieni d'azione. Si tratterà di vita vera, non appena fuori dalle nostre mura domestiche. Qualche settimana e saremo proiettati verso un nuovo stile di vita, non migliore non peggiore del precedente, semplicemente diverso. Per altro il momento precedente è da dimenticare, benchè invece visto da molti come momento nostalgico a cui aggrapparsi con forza, perchè nella sua instabilità dava sicurezza. Era un momento in cui si stava meglio di oggi, perchè ci proiettava verso il 2020 che speravamo, che avevamo idealizzato, che ci stava aprendo alla miglior vita. Invece da abbandonare, perchè non era altro che la fine di una diversa sofferenza quella che ci aveva portato a cercare una svolta, ma non ad averla già in mano.
Comunque sia... ci siamo! Anche se non si può ancora parlare di finali. Non basterà una trilogia da Signore degli Anelli; nè una trilogia di trilogie alla Star Wars. Anche perchè subentrerà più realtà e più spirito di adattamento. Poi, si sa, ognuno di noi è una storia a se.
Quindi ragioniamo col pensiero e la caparbietà di voler costruire questo mondo migliore per noi e per tutti quelli che ci incontreranno nel prosieguo di questa personale storia (di fantascienza o di vita vera) che scriveremo. Sarà bello che ogni capitolo sia formato da tanti mini capitoli in cui ogni nostra esperienza, con gli altri, sia un'ulteriore bella storia.
Lo sguardo indiscreto ad ogni minimo dettaglio farà si che il "rispetto triangolare" sia perfetto e salvifico per questa rinascita dell'umanità. #rispettotriangolare #mestesso #ilprossimo #labiodiversità

 

17 aprile 2020. L'apatia di colpo cessa quando capisci che puoi continuare a non fidarti di nessuno e devi cominciare a rimboccarti ancora una volta le maniche.

 

15 aprile 2020. APATIA. APATIA. APATIA.

 

14 aprile 2020. La consultazione dei libri serve per far fuoriuscire da essi qualcosa di materico... del resto questa quarantena ha già estratto tutto lo spirituale che è in noi.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

13 aprile 2020. Ma quindi è disponibile la Vespa?

 

12 aprile 2020. Ci si può armare di buona volontà e mai come oggi, nella Pasqua della Risurrezione, si dovrebbe adottare un nuovo metodo di sensibilità nei confronti dei prossimi, più deboli. Ma se si è nati lupi, se la natura ti ha fatto sciacallo, a nulla servirà armarti di proclami del dopovirus. Sei già in difetto. Sei già in malafede. Sei sempre stato infetto. Sei un capo senza tronco. Sei un tronco senza capo. La pulizia la devi fare a casa tua. Non cercando sempre sotto il letto, ma cercando anche sopra dove dormi la notte. Non capisco come tu ci riesca!
Oggi ho assistito in diretta, poi censurata, ad una eradicazione del concetto di appartenenza di gruppo. In realtà i giochi che ci avevano intrattenuto negli scorsi giorni, come sempre, erano truccati. In altri tipi di borse, quelle con la 'b' maiuscola, si parlerebbe di 'insider trading'. Siccome parliamo di contenitori senza contenuto, sarà più opportuno parlare di 'intruder collecting'.

 

11 aprile 2020. La prima scatola Gentilini, con coperchio ottagonale, di una serie che pubblicherò nei prossimi giorni è quella che mostra "S.PIETRO". Così come scritto nell'immagine contornata dall'ovale di serto di alloro di regime sul coperchio, in essa vengono mostrate la grande piazza e la papale arcibasilica maggiore di San Pietro in Vaticano. L'immagine non appare monumentale e rappresentativa quanto l'incisione del grande Piranesi di cui quest'anno si celebreranno i 300 anni dalla nascita. Il COVID ci farà perdere anche questa occasione...
Mai come in passato, nella Pasqua che si celebrerà domani, questa piazza apparirà più grande. Perchè grande sarà anche il numero dei fedeli che seguiranno da casa i vuoti spazi del trapezio e dell'ovale, le due aree all'aperto che ne compongono l'insieme. Saranno molti di più gli spettatori: coloro i quali avrebbero partecipato dal vivo, coloro i quali seguono a distanza per consuetudine, tutti coloro i quali non avranno altra possibilità di far altro, perchè ancora a casa.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

10 aprile 2020. "Perché forse, e pochi se ne sono accorti, era proprio il vuoto che era stato messo al centro di tutto." Nicola Verlato oggi su quarantinedreams.it

 

5 aprile 2020. Seconda tornata della grande dispersione. Mi riferisco all'asta americana. Anche in chiesa a San Pietro non c'era nessuno comunque, la messa si è svolta senza pellegrini a causa delle norme per contenere il contagio del coronavirus.

 

4 aprile 2020. Da qualche ora è in corso lo smembramento in America della grande collezione Baldoni.

 

28 marzo 2020. Alcuni cataloghi pubblicitari della ditta ASTRA trovati con difficoltà, in mezzo alla collezione delle mie brochure. "Per aspera ad astra". Attraverso le difficoltà si arriva alle stelle. Quale miglior motto in questi tempi?

Foto dalla collezione di brochure di auto e moto di Giovanfranco di Giunta

Foto dalla collezione di brochure di auto e moto di Giovanfranco di Giunta

 

I cataloghi risalgono ad un periodo storico ricompreso tra il 1932 ed il 1937. Anche in questi esemplari in ottime condizioni la grafica è spettacolare ed invogliante. Chissà se si trova ancora da qualche parte una bella moto ASTRA? Peccato non potere uscire per andare a scovarla?

Foto dalla collezione di brochure di auto e moto di Giovanfranco di Giunta

Foto dalla collezione di brochure di auto e moto di Giovanfranco di Giunta

Foto dalla collezione di brochure di auto e moto di Giovanfranco di Giunta

 

Mi accontenterei di un motofurgoncino come questo...

Foto dalla collezione di brochure di auto e moto di Giovanfranco di Giunta

 

27 marzo 2020. Continuando a cercare, ma non nei soli meandri del cervello, a casa di un collezionista si trova di tutto. Rispolvero vecchie collezioni e trovo grafica d'epoca meravigliosa, come questi depliant anni '30 delle MOTO MILLER. L'uccellino simbolo della Miller sembra una delle possibili realizzazioni effettuabili con i tasselli del Tangram cinese. Come dire che un qualcosa di esclusivamente italiano provenga dalla Cina. Che cosa bizzarra ed inattuale!

Foto dalla collezione di brochure di auto e moto di Giovanfranco di Giunta

 

Non ho resistito alla tentazione di accludere una moto INGAP completamente diversa da ogni punto di vista costruttivo: posizione del motore, degli scarichi, grandezza dei parafanghi, distribuzione dei tubolari del telaio, dei carter, forma del serbatoio. Praticamente tutto. Somiglianze determinate invece dalla forcella pantografata e dal sedile unico a bicicletta. Non resistevo alla tentazione di accoppiare i due tipi di oggetto. Oserei dire che si tratti di una mutazione...

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

19 marzo 2020. Giornate libere per fare appassionare la mente di qualsiasi cosa che non sia la realtà attuale, peggiore di qualsiasi invenzione della fantasia, mi portano a farneticare, schernendo "gli altri", quelli che non osservano le regole del gioco. Non con essi, ma di essi, mi dileggio tramite le immagini delle mie scatole.
Da reminiscenze storiche comincio, pensando alle promesse del 10 febbraio di sette anni fa. Sfortunata coincidenza di data con il giorno della memoria delle Foibe, con cui poco c'entra. Quando certe promesse disattese volevano che si aprisse il parlamento come una scatoletta di tonno...

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

C'è chi poi si è erto ad essere “... più un anticorpo che un movimento politico”; mi riferisco alle Sardine del Debenedettiano Mattia Sartori, già entità sbiadita fino al rinnovato vigore del dopo virus. Facciano adesso gli anticorpi in prima linea, magari in unico assembramento a distanza di rispetto e mascherina a norma!

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Mi sa proprio che l'unica cosa che certi uomini adesso forzatamente silenti debbano fare sia di introdurre a forza, nelle loro personali scatolette, l'olio dell'arroganza.
Ma l'olio potrebbe essere tale e talmente pessimo da far gonfiare la scatola oltre ogni dismisura rendendone il contenuto deforme ed abietto, prossimo allo scoppiare.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Non siamo stati sicuri neanche all'interno delle nostre case, se fuori gli aperitivi hanno continuato ad essere celebrati da ribelli e trasgressivi ladri di vita altrui. Perchè tali sono stati coloro che hanno crapulato, incuranti che i più fossero in casa ad attenderne il ritorno. Sono dei ladri perchè hanno disposto del nostro tempo. Come se a loro non se ne dovrà dedicare, qualora stiano adesso incubando un contagio da rientro. La corona li ha aspettati tra drink e altri vizi. Tale può intendersi anche quello della immunità da attraversamento delle strade romane.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

Lontani sono i tempi in cui Don Vincenzo Florio vendeva ogni suo possedimento per non mettere sul lastrico i suoi dipendenti alla fine della Sua gloriosa esistenza. Adesso si parla di decreti che tamponano le difficoltà di certe categorie di imprese, non tutte, per periodi di tempo così limitati da apparire l'elemosina del centesimo che lo stesso indigente ributta a terra con stizza quando lo riceve. Finiti i tempi in cui le mattanze erano un gioco quasi alla pari tra uomo e tonno. Ora l'uomo è tonno e non si trova nè a Camera Grande, nè a camera Bastarda, non a Levante, già lasciata è la Ponente...

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

o si squarciano le reti o la Natura farà il suo corso. Ovviamente sono solo farneticazioni le mie. Ma che dopo la pandemia si continui a pensare a quanto sono belli e limpidi i canali di Venezia in questi giorni, a come si respiri meglio per le città, a quale quantità di inquinamento acustico siamo disposti a sottostare giornalmente...
Mi fermo. Questi sono i veri piaceri condivisi che dovremmo imparare ad apprezzare in questi giorni e per sempre. Se ci scorderemo di questi sprazzi di vera bellezza e ricominceremo a correre, non ci scorderemo solo del CORONAVIRUS, ci scorderemo innanzitutto di essere UOMINI.

 

18 marzo 2020. Spesso per spiegare considerazioni molto complesse si cerca di usare metafore al fine di semplificare a chi non ha percezione della grandezza del problema. Altrettanto spesso ad opera del semplificatore la metafora è distraente perchè neanche chi spiega ha chiaro cosa stia accadendo veramente.

 

13 marzo 2020. "Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino".

 

12 marzo 2020. La forza di un popolo è data dalla capacità di coesione dinanzi ad un male comune oscuro al fine di sconfiggerlo più velocemente possibile. Spesso la soluzione non avviene con risposta adeguata, specie quando ciascuno ritiene di non dover fare la propria parte. Una società liquida non crea Eroi, non crea Patria, non trova Soluzioni. Questa incertezza durerà ben oltre i tempi di sopportazione che ci chiedono di dimostrare di poter sostenere. L'umanità celebra in questi giorni la Sua più grande prova. Le Nazioni svolgeranno ruoli fondamentali in questa scacchiera completamente rossa. Ci vorrebbero nuove visioni Giolittiane e l'intraprendenza dell'apprendista stregone.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

1 marzo 2020. Globalizzazione. Globo. Liquirizia. De Franco. Luciano. Inocula. Instilla. Installi. Impianti. Idraulico. Acqua. Goccia. Vaso. Pandora. Pandoro. Colomba. Pasquale. Agnello. Vitello. Vaccino. Coronavirus.

Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

1 marzo 2020. Un detto catanese recita: "U pisci 'do mari iè natu 'ppi 'ccu si l'ha manciari". Significa che ogni cosa finirà naturalmente a chi è già destinata. Mi serva da lezione aver sperato che fare del bene giovi anche a chi lo fa, giova solo a chi lo riceve. Un altro detto è "Fai del bene e scordatelo". E fu così che ho perso due bei giocattoli, da un grande lotto di Ingap anteguerra, per eccesso di affidamento all'altrui ingordigia.

 

27 febbraio 2020. ETNA FILM. Esattamente cento anni fa veniva a mancare un grande personaggio che ha avuto per il cinema lo stesso peso che don Vincenzo Florio ha avuto per l'automobilismo, ma con un diverso riscontro a livello mondiale, dovuto alla crisi prebellica ed alla partenza per il fronte di buona parte delle giovani maestranze e dello stesso figlio. Dal 1913 al 1916, la casa cinematografica di Alfredo Alonzo, proprietario anche della SICILIA NAVIGAZIONE, realizzò moltissimi lungometraggi di cui non si ha più memoria. Io conservo, in duplice esemplare, le custodie delle pizze in nitrato d'argento chene hanno contenuto i film.

La rarità cinematografica per eccellenza. Foto dalla collezione di Giovanfranco di Giunta

 

26 febbraio 2020. Stamani mi sono intrattenuto telefonicamente per una buona parte della mattina con la gentile Federica Nurchis. L'annovero tra i nuovi amici di Facebook, non quelli che trovi tra i banchi di scuola e che mantieni per sempre con te in un pacchetto completo di vizi e virtù, piuttosto quelli di cui sai poco e niente, che non hai mai incontrato, ma che riconosci che diano dignità e forza ad un intero gruppo di illustri sconosciuti di cui fai parte che è banco di esperienza e di conoscenza spiccia e di cui poco c'è da salvare nei grandi numeri, soprattutto per chi nel gruppo svolge azioni quotidiane di "caporalato". Persone come Federica costituiscono la parte migliore, oltre ogni non sopportabilità di tutto il resto.
Lei mi riferisce della prossima realizzazione di un libro dal titolo "La storia in scatola" che vedrà la pubblicazione solo tra qualche mese e mi chiede di pubblicare alcune immagini del sito. Avevo già accettato che utilizzasse delle immagini ritenendola degna di farlo a prescindere, prima ancora di sapere di cosa si trattasse. Non certo come molti facinorosi sconosciuti spesso già fanno senza autorizzazione, ricevendo poi gli strali delle mia mail di diffida. Forse non tutti sanno che la mia preparazione universitaria in giurisprudenza mi permette di difendermi bene e velocemente da solo contro chi usa i contenuti del mio sito. Non faccio l'avvocato per scelta, per mancanza di voglia di occuparmi delle beghe degli altri, restando sufficienti per me le mie stesse quotidiane. Questo non significa che io possa acconsentire a che degli sprovveduti usino le mie immagini per esprimere con la sintesi di una sola foto dei miei oggetti ciò che loro non troveranno in tutta una vita. Non posso sopportarlo. Non possono farla franca!
Ma tornando all'aspetto più gradevole, in mezzo ai tanti sviluppati, quando oggi ho appreso del progetto in modo più completo ho pensato che partecipare, sia pur dando solo disponibilità delle immagini richieste, nonchè di ulteriori non visibili su litolatta.it, sia una opportunità di fare qualcosa di più del solito libro di belle immagini. Per questo ne parlo nel BLOG sperando che qualche mio lettore, conosciuto o sconosciuto che sia, possa, se contattato, dare adeguata risposta positiva al progetto. Non restando ritroso a condividere con il resto del mondo le proprie "chicche" che ben si prestino a questo interessante esperimento di revisione storica anche in chiave di analisi della "damnatio memoriae".
Il titolo del libro, come detto, è già molto promettente poichè vuol far leva sui contenuti delle scatole parlando di ciò che di esse ci attrae dall'esterno. Ai limiti del paradosso di Russell, raccontare la storia della propaganda fascista secondo quel senso larvale che era "in nuce" nell'italiano che fuoriusciva dalla Grande Guerra e che nel periodo più fulgido della rinascita espresse il meglio degli anni venti dello scorso secolo (ai più è risaputo che per collezionismo sono quelli che preferisco). La storia in scatola non è dentro, ma è fuori da essa. E' perciò sempre un'analisi di ciò che la scatola raffigura e che conserva esteriormente ma, nel contempo, è il contenuto non immediatamente contemplabile se non guardando oltre il primo significato, quello spicciolo, della raffigurazione fine a se stessa.
Dal dialogo intrattenuto e dalla importanza degli argomenti eviscerati, nell'analisi del periodo storico scelto nella trattazione, che va dal 1919 al 1939, prevale un filo conduttore importante che ho colto. Abbastanza contemporaneo e quindi attuale che spiega, sensa dare scusanti a nessuno, del motivo per cui una intera società si è piegata ad un pensiero di propaganda come portato naturale di aspettative che diversamente non sarebbero state accolte, prendendo la deriva che ci ha infine condotto a scelte opinabili, ma che sono ormai storia.
Non sarà la forma ad avere la meglio sulla sostanza in questo libro. Non sarà quindi tanto la misura delle fotografie che accompagnano la pubblicazione, quanto ciò che si dirà oltre. Per una volta sarà più il testo a prevalere sulle immagini e potrà fare capire ai più, qualora lo volessero, che non si tratta solo di vuoti contenitori. Spero che questo lavoro, per quanto sul finire, abbia ancora spazio per qualche rilevante significato.

 

25 febbraio 2020. E ricominciano le mie riflessioni di tarda sera... sulla auto coperta "Weymann" da 30 grammi e 14,5 cm di lunghezza del catalogo INGAP del 1928, che nei cataloghi del 1933 e del 1934 prendeva 10 grammi di peso in più (e non è dettaglio da poco, se si ragiona sul fatto che il meccanismo che ne determinava il movimento poteva avere subito una modifica) sino a venir rinominata nel catalogo del 1952 AUTO BERLINA. Sempre con lo stesso numero di catalogo ed un ulteriore aumento di 5 grammi. Ma cosa è veramente successo a questa autogiocattolo? E questo aumento di peso riguarda solo questo modello?

 

24 febbraio 2020. Coronavirus it's a whole misanthropestanding!

Corone e coronati.

Ovverosia, quando stare anche per tutta la vita in quarantena si può, grazie alla propria collezione!

 

23 febbraio 2020. Ed anche il Mercanteinfiera è stato sospeso... o meglio... rimandato a giugno.

 

21 febbraio 2020. Molti amici mi comunicano che non andranno a Novegro per paura del corona virus. Eccesso di prudenza o ragionata avvedutezza? Io non avrei potuto comunque per le ragioni che mi tengono con la mia frugoletta. Ma anche se avessi già prenotato un biglietto d'aereo farei due ragionamenti e, probabilmente, resterei a casa. C'è anche chi mi suggerisce di disertare il Mercanteinfiera, ma sarà lo stesso Mercanteinfiera a disertare da tutti. Di questo passo vedo possibili scenari di rinnovato vigore per gli internauti collezionisti, a patto di fare attenzione alle aree in cui si opereranno gli acquisti.

 

19 febbraio 2020. Emma. Ieri, oggi e domani.

 

12 febbraio 2020. Ho intercettato dei cavallini che mi sembrano appartenere alle contrade di Siena. Fanno parte della scatola realizzata da Metalgraf per il gioco del palio.

 

9 febbraio 2020. Di fronte ad un bivio, la scelta coraggiosa è la strada ignota, è anche la più diretta verso tutto ciò che è sempre stato. E' quindi quella che darà più adrenalina, ma anche più problemi. Gustarsi la prima o risolvere i secondi determinerà la voglia di adattarsi e di superare il proprio limite. In tutto questo non ci sarà mai spazio per la noia. Il cambiamento continua... con la giusta compagnia, con la pazienza e la tenacia, la via è facilitata.

Vespa in raduno e Vespa in coppia.

 

26 gennaio 2020. Quando appare quest'immagine all'orizzonte, quando il naso fuoriesce dalla sagoma del viso, prim'ancora dell'intera figura del suo portatore, si profila l'ipotesi che una bugia sia prossima ad essere pronunciata, sempre che, in realtà, non sia stata già detta ed ancora permanga per l'aria.
Il burattino di Collodi incarna ciascun uomo che è stato bimbo e che ha vissuto, nell'esperienza della propria crescita, i tentativi del mondo esterno di corruzione della propria integrità ed è sopravvissuto grazie alle, o per colpa delle, bugie che ha espresso più o meno bene. Pinocchio nel suo stesso nome porta la traccia del seme, della carne nel legno, della germinazione nella durezza (come suggerì Gérard Génot); chi non è stato per un momento Pinocchio nella propria esistenza alzi la mano e faccia indietreggiare il proprio naso. Ci sarebbe il rischio che qualcuno si faccia male.

Dalla FI PI LI passando per Collodi. I miei acquisti di gennaio 2020.

 

Se spostiamo, con difficoltà, la nostra attenzione dal naso e poi dagli occhi e dai denti appiccicati con veemenza ad un sorriso beffardo che ostenta sicurezza, alle tre linee rosse delle pieghe degli occhi che esprimono persistenza, ai riflessi multipli dei cerulei occhi di questo birbante patentato, che noi tutti rappresenta; se davvero riuscissimo a distoglierci da tutto questo insieme, oltre ogni menzogna spunterebbe la verità. Quello che il portatore tiene con se non è altro che la prova che ciò che si manifesta ai più è spesso la buccia di un frutto dal sapore completamente diverso. Conta ciò che per ciascuno rappresenta il resto del racconto.
Se, quindi, questo grande Pinocchio Furga, balocco per eccellenza (per citare il grande Giordano Dal Prato che per primo me lo ha così chiamato, ripetendomelo in più occasioni) contiene tra le sue fibrose articolazioni, che dovremmo chiamare braccia e mani di legno, il più bel giocattolo contenitore mai realizzato dalla Cardini, nell'ancor più rara versione di colore rosso, non si pensi che il contenuto dell'autocorriera Perugina siano cioccolatini. All'interno è il ricordo di uno splendido meriggio dello scorso venerdì, trascorso tra le colline fiorentine in compagnia di due splendide persone e del grande e curioso Artù; passando da un volo mattutino affidato ad un manipolo di donne prima sconosciute: condotto dal capitano Inga e dalla sua seconda; compresso dalla corpulenta Alfia che manifestava il suo disagio da prima volta nel cielo nella sua angusta seduta di corridoio, da un lato e dalla fervente religiosa (che chiamerò Assunta) che si affidava alla lettura delle parole di Gesù Cristo, quando si ridestava dal dormiveglia, riversa sul finestrino, dall'altro; stretto nella morsa dei loro segni di croce al decollo fino all'arrivo; abbacinato poi dalla bellezza della campagna toscana, lungo le strade rallentate dagli autovelox della FI-PI-LI mattutina e dal rientro più veloce durante la tradizionale ora del the, lungo l'autostrada che passa da Collodi. Rientro tutto al maschile, sia per i piloti e per la durezza del volo, sia per l'ulteriore compressione dei vicini di seduta. Forse per gli aerei low-costs. La verità? Mi sono proprio divertito e questo viaggio ha contribuito al processo di cambiamento.

 

20 gennaio 2020. Dopo aver scrutato oltre i primi "rumor" l'allarme rientra.

 

19 gennaio 2020. Mi giungono voci che a Borgo D'Ale si continua a sfornare materiale adatto alla scrittura di nuove pagine della storia del giocattolo.

 

7 gennaio 2020. La ricetta per un museo? "E' un'impresa che trascende le modeste possibilità dell'uomo qualunque e richiede doti eccezionali, quali il cervello di un veggente, il cuore di un artista, la tenacia di un animo temprato ad ogni battaglia, la superba fede di un pioniere." Parole di Carlo Biscaretti di Ruffia, estrapolate dalla rivista Automobilismo d'epoca. Il museo nazionale dell'automobile di Torino quest'anno compie 60 anni.

 

6 gennaio 2020.
Premesso che ogni celebrazione di anniversario (mi riferisco al centenario, per quanto dirò oltre, ma per ogni consuetudinario ordine di misura: lustro, decennale, etc.) riassume il desiderio di voler rinverdire qualcosa che c'è ancora, qualora si tratti di società o qualsiasi altra cosa che non debba sottostare ad un ciclo vitale finito. Se si tratta invece di persone, questo non sempre è vero. Pochi uomini centenari ancora in vita come, rammento, solo GILLO DORFLES, avevano la lucidità e la forza della ragione così uguali alle loro espressioni migliori, tali da renderne importante la celebrazione, per cui, per essi soli, valeva la regola della celebrazione di ciò che c'è ancora. Anche Dorfles però non è più. Ma non volevo parlare di lui. Non in quest'occasione.
La scelta della data di partenza, per consuetudine, prende spunto dal primo momento a cui si può risalire. Si può partire dalla concezione, in realtà più spesso dalla nascita, dal Big Bang. Ci sarebbe un momento precedente, ma il dato di fatto deve essere più riscontrabile, più manifesto. Dipende perciò dalle modalità a cui è riconducibile, in modo esemplificativo, l'esteriorizzazione. Per quanto concerne perciò la storia dell'Alfa Romeo, sono già stati ampiamente celebrati i 100 anni dalla nascita, in occasione della costituzione nel 1910 dell'Anonima Lombarda Fabbrica Automobili. Per altri, più pignoli, celebrata solo due anni fa in occasione del centenario dell'atto ufficiale di nascita della nuova denominazione, con il rogito del 3 febbraio 1918 sottoscritto dall'ingegnere Nicola Romeo che aggiunse il proprio cognome alla ditta ALFA, creando un inscindibile connubio che, per il momento, continua ad essere prepotentemente un grande marchio di successo.
Per quanto mi riguarda, a mio avviso, è possibile celebrare il vero centenario, solo da quest'anno, o forse ancora di più dall'anno prossimo. Non per questioni di cifra tonda. Innanzitutto perchè le prime auto ALFA ROMEO di produzione in serie risalgono a quest'anno dello scorso secolo. Per quanto ciò possa non essere condivisibile, sicuramente, in relazione a ciò che è l'Alfa Romeo ai giorni nostri, la ricorrenza più importante non è quella della nascita della società, quanto piuttosto la nascita della "rete di simpatie per la giovane Casa del Portello" determinate dalle prime vittorie. Così si esprimeva Luigi Fusi nella arcinota "Bibbia" di qualsiasi Alfista, (Luigi Fusi - ALFA ROMEO Tutte le vetture dal 1910 - emmetigrafica editrice 1978); ad esso si deve anche la costituzione del museo storico di Arese.
Il successo non avvenne con la GRAND PRIX 1914 riveduta e corretta, dopo la grande guerra, sino ad alcune gare del 1921; neanche con la 20/30 ES. E' con la P2 che l'ALFA ROMEO consacra la propria fama nella storia del motorismo.
In questa prima immagine, le due protagoniste di ciascun dopoguerra: la P2 da 52 cm della CIJ (in una versione seconda serie dei primi anni '30) e l'ALFETTA 159 promozionale realizzata per la stessa Alfa Romeo, che dovrebbe risalire invece al 1950 e misura 40 cm.

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In quest'altra immagine, invece sono due giocattoli della marca del biscione in versione turistica, all'apparenza. Ma quando si parla di Alfa Romeo, l'apparenza spesso inganna. Sicuramente il modello anteguerra, il modello 1750 berlina a 6 luci, è quello che sembra. Fu fatto realizzare come scatola promozionale dal biscottificio DELSER, nella misura di 39 cm e risale ad un periodo immediatamente successivo al 1929. Si tratta di una monoalbero. Il secondo modello invece, in questa versione bicolore elettrica senza filoguida, realizzato dalla Ventura non è così tranquilla come può sembrare. Raffigura il modello 1900 SPRINT del 1951. La versione alleggerita di 100 kg e potenziata di 10 cavalli, della 1900 Berlina T.I. prodotta esattamente settanta anni fa. Una versione spinta di grandissimo successo l'auto vera, tanto da ispirare il modello che rimase ambito per i bambini di ieri, come per i collezionisti di oggi. L'auto giocattolo italiana del dopoguerra più ambita di sempre, pur non essendo particolarmente rara.

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Non è affatto peregrina la vicinanza delle grandi dimensioni dei giocattoli qui mostrati. Il consenso prolungato che Alfa Romeo ha avuto nel tempo, viene ben manifestato anche da questi grandi modelli realizzati in epoche diverse. Si può dire che non esista altra marca italiana che abbia ottenuto diuturnamente questo successo per tempi più lunghi.

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L'incontro di queste due calandre così diverse è estremamente semplice che avvenga oggi ad un raduno di auto d'epoca o tra scaffali e vetrine di un collezionista, a seconda delle dimensioni. Nelle prossime settimane comincerò a disquisire di questi grandi giocattoli, un modello per volta, e delle modifiche delle linee subite nelle epoche per il cambiamento del gusto.

 

5 gennaio 2020.
Sono trascorsi 4 anni!

Quattro anni dalla rinascita di mio padre dopo il suo secondo infarto.

 

4 gennaio 2020.
Capodanno ormai alle spalle. Più prossimi all'EPIFANIA, sarà tempo di togliere gli smoking?

Acquisto oggetti in latta: targhe, insegne, scatole, giocattoli, libri e biglietti da visita in questo materiale.

 

2 gennaio 2020.
Tutto arriva per chi sa aspettare e... prendere un aereo.

 

Quest'anno sarà il migliore degli anni dall'inizio del terzo millennio. Per qualcuno sarà solo un anno bisestile (Bisesto Funesto); per altri sarà "so and so"; per me che sono Gemelli è innanzitutto una ripetizione del 20. Venti è del vintage, venti è della giovinezza, di questa Italia non la "meglio gioventù"; venti, si dice, di cambiamento...
Per quanto ne so io, non sono venti, ma già tre grandi cantieri aperti a mettere grande gioia di vivere: un bebè in arrivo, ormai davvero prossimo, che sprona a continuare e a fare meglio; un locale al centro del mercato della Pescheria di Catania da inaugurare entro pochissimo tempo, che prima di essere attività commerciale è attività culturale per quanti addentellati all'identità della mia città in esso si respirano; infine la latta! Grande anno anche per la latta... che comincia già con tante aspettative ed un importante acquisto già portato a segno.


 

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