Quando estro e genio non bastano a fare di un buon prodotto un sicuro successo . Vi racconterò la storia di una piccola industria artigiana siciliana che non fece i giusti conti con i "marchi" e con la "distribuzione".

Quanto racconto è solo parte di quello che si può dire di queste auto giocattolo.  Non avendo concluso le mie ricerche in merito scrivo quello che segue per rispettare l'impegno preso con PICCOLEGRANDIRUOTE.COM che ha graziosamente fatto cenno a questo modello nell'articolo relativo alla  Borsa di Novegro del 30 novembre 2014.

DI COSA SI TRATTA: L'auto venne chiamata AUTO ELETTRICA CON MECCANISMO CIBERNETICO. Si tratta di un modello riproducente una Alfa Romeo Giulietta Sprint alimentata da una sola batteria da 4,5 volts (inizialmente ragionata per due pile torcia da 1,5 volts, come si evince dalla scatola originale, mai modificata). La grossa pila andava introdotta all'interno del vano batterie allocato al posto dei sedili. Poiché il costruttore pensò all'epoca di non riscontrare il benestare della casa costruttrice dell'auto vera o, comunque, di dover corrispondere dei costosi diritti di riproduzione, pensò bene di non rendere subito identificabile il modello costruito come una ALFA ROMEO, modificandone l'aspetto con l'uso di una mascherina anteriore della FIAT 1100 TV in luogo dello scudo e dei  baffi cromati dell'Alfa Romeo. Creando di fatto un ibrido che però ha tutto l'aspetto di una Sprint a prescindere da quanto si possa tentare di nascondere.  

INFORMAZIONI DEL COSTRUTTORE SULLA SCATOLA:

Comando a distanza senza cavo flessibile.

Davanti agli ostacoli manovra come un'auto vera.

Esce dal parcheggio.

Inverte direzione di marcia tenendo la destra.

ISTRUZIONI DELLA SCATOLA:

A - Toglier la capottina dalla sua sede sulla scatola portapile.

B - Disporre le pile con i poli positivi da parti opposte.

C- Rimettere la capottina a posto

D - Rovesciando la macchina togliere il fermo a forcella tirandolo in fuori.

E - Lasciare la macchina libera di circolare tra ostacoli.

* - Togliere le pile dopo l'uso.

FUNZIONAMENTO: Tramite un'inversione di polarità collegata alla posizione dei paraurti ed un movimento condizionato della sola ruota sinistra,   questa GIULIETTA SPRINT può andare autonomamente avanti ed indietro, uscendo fuori da un posteggio in linea. Il movimento in uscita è un po' brusco. Per luogo comune lo si dovrebbe definirebbe un parcheggio tutto al femminile,  o come si suole anche  dire "ad orecchio", ma assolutamente efficace.

CONSIDERAZIONI GENERALI: Contrariamente a tante ditte minori (cito solo per esempio: OMAG, OMICRON, ORSA) che avevano un'identità ben connotata pur nella loro  brevissima esistenza, questa azienda non identificò il proprio prodotto con un nome o un marchio che la rendesse immediatamente riconoscibile; né tanto meno si legò ad un marchio consolidato ed importante come l'Alfa Romeo, decidendo di riprodurne un'auto di grande successo. Questa ingenuità fu solo uno dei problemi che la fece restare nell'ombra sino al ritrovamento fatto da me. Il secondo problema è quello che deriva dall'essere stati capaci di realizzare un  prodotto valido, ma di avere sottovalutato l'aspetto altrettanto importante della distribuzione.

 Questo giocattolo fu perciò dato in conto vendita ad alcuni importanti esercenti  della città che non riscontrarono il successo sperato dal produttore. La vendita al dettaglio di pochi negozi non era da sola sufficiente a garantire la sopravvivenza di questa ditta che fu costretta perciò a chiudere i battenti.

Avendo rilevato tutta la produzione, sono in grado di descrivere quel che fu prodotto, incluso il coraggioso tentativo artigianale, con la realizzazione di pochi modelli pubblicitari per ditte locali, di smaterializzare il magazzino.  Nella colonna  a sinistra potrete farvi un'idea di come sia stato realizzato questo modello. Vedrete alcuni dei colori realizzati. Altro verrà scritto nei prossimi mesi.

 

LA STORIA DEL RITROVAMENTO- PARTE PRIMA: Tutto comincia il 6 febbraio del 2006. Di tanto in tanto mi è capitato di rivolgere l'attenzione ai capannoni dei rottamatori di materiali ferrosi,  nella segreta speranza di trovare qualche carcassa di latta che potesse servire da ricambio, quando non invece un intero oggetto sfuggito agli oltraggi del tempo per essere prossimo alla distruzione per differenziazione. Per la verità non ho mai salvato niente che ritenessi importante prima di questa sola unica volta. Ma la ritengo significativa rispetto ai tanti viaggi a vuoto effettuati prima e dopo  quell'occasione.

Dopo avere concluso l'acquisto di una vetrinetta in legno pubblicitaria degli orologi ZENITH dove pensavo di allocare un paio di giocattoli (cosa che non ho ancora fatto), il proprietario di quello 'sfascio' mi chiese cosa altro cercassi. Con poca convinzione esclamai: "Giocattoli e pubblicità di latta" ed aggiunsi: "Ma qui da Lei, chi può portare roba del genere?". Non feci in tempo a crogiolarmi dell'idea che io solo potessi avere ciò che desideravo dal sentirmi rispondere: "Ce l'hai la macchinetta a batterie realizzata alla fine degli anni '50 dal vecchietto catanese? Quella che inverte la marcia e si posteggia da sola?". Sulle prime pensai che parlasse di qualche gioco MISTERY ACTION, anche denominato BUMP'N'GO e risposi con sufficienza: "Ah, si! Una macchina MADE IN JAPAN!". "No. No." Mi apostrofò quel signore con gran serenità e convinzione tale da indurmi a rivedere le mie considerazioni affrettate. "E' stata realizzata in città a pochi metri da questo capannone. Guarda. Vieni con me." Lo seguii dentro gli uffici, convinto che mi sarebbe apparso su una mensola qualche giocattolo di mia conoscenza; glielo avrei descritto per filo e per segno, smontando così ogni sua considerazione. Il signore non mi mostrò nulla però; non fece altro che recuperare un mazzo di chiavi tramite il quale, dopo aver percorso alcuni stanzoni pieni di computer obsoleti, sedie da ufficio, congelatori industriali ed elettrodomestici di ogni tipo, mi aprì un grosso cancello che mi permise di accedere ad un enorme cortile. Al centro del quale si trovava una catasta di monitor obsoleti pronti ad essere divorati da un grande ragno meccanico. Non arrivò a completare la frase:"Guarda là in mezzo". Io ero già diretto verso qualcosa che mi fece molta impressione. Gli occhi mi giravano vorticosamente da lontano e più mi avvicinavo e più riscontravano che la sorpresa, le sorprese sarebbero state tante. Dinanzi a me erano centinaia e centinaia di carrozzerie grezze , arrugginite e profondamente deformate, di un piccolo mezzo, approssimativamente in scala 1/24 raffigurante una sorta di Alfa Romeo Giulietta Spider molto semplificata. Niente fari. Niente mascherina. Niente sedili. Niente ruote. Niente meccanismo. Niente di niente. Ma...  a centinaia e centinaia. Mi chino. Comincio a vedere una scocca in condizioni appena migliori; volgo lo sguardo dietro la catasta, dove l'occhio prima non poteva arrivare quando ero ancora in prossimità del grosso cancello di ferro che mi aveva impedito di pensare ad un cortile esterno e scorgo un telaio con cerchioni ma senza copertoni. Lo prendo. Tento di incastrarlo alla migliore carrozzeria che avevo trovato sulle prime. Realizzo che c'era la speranza di poter completare il montaggio.  Solo in quel momento mi rendo conto che tutta la mia ricerca era stata seguita da un aiutante del principale. Un vecchio, che mi esclama: "C'am'a fari?" (Che cosa dobbiamo fare?). Gli rispondo: "Signor Michele. Ci metta una buona parola. Mi faccia comprare queste auto." Ricevo come risposta:  "Qui si vende a chilo. Aspetta che mi informo..." Io intanto avevo completato un buon incastro. Mi convinco di avere tra le mani un gioco che non avevo mai visto prima e soprattutto che la storia di un costruttore del sud, per me prima non credibile, era vera.

Il prezzo viene definito un tanto al chilo. Acquisto quel giorno stesso 168 chili di rottami e chiedendo la cortesia di non toccare niente fino al mio ritorno, il giorno dopo, porto tutto a casa. La notte non dormo. Il giorno dopo arrivo prima dei titolari. Riprendo la mia ricerca. Trovo nella mattina del secondo giorno solo altri 68 chili di materiale ferroso, molto più arrugginito. Un po' di disperazione mi pervade. Non c'erano copertoni e non c'erano parabrezza, fari, cerchioni. Poche le carrozzerie buone, ma tutte arrugginite.  Pago e vado via. Il signor Michele mi dice:"Torna nel pomeriggio. Le cose buone sono sotto." In pratica molti dei monitor erano stati accumulati solo dopo che questi residuati di lavorazione erano stati portati al conferimento. Da chi? Non era dato sapere. Non era importante al momento. Il puzzle era stato cominciato, ma non avevo né l'immagine della copertina della scatola, né i pezzi necessari per finirlo.

Rientrato il pomeriggio dello stesso giorno, trovo una sorpresa. Parte della catasta era stata mossa con una ruspa. Io ero tornato con un mio caro amico al quale avevo dato l'ordine di raccogliere ogni più piccolo pezzo avesse potuto trovare. Inutile dire che il passaggio della ruspa aveva fatto molto danno, ma aveva aperto la porta della 'caverna'. In pratica sotto tutta la catasta di monitor era una sorta di ponteggio all'interno del quale erano scocche di auto decentemente conservate. Raccogliemmo quel pomeriggio altri 143 chili. Il giorno dopo, tra i 127 chili della mattina ed i 98 del pomeriggio, ho raggiunto e superato i 600 chili, 604 per la precisione, di materiale. Non avevo lasciato neanche un'astina di ferro. Avevo trovato anche i coperchi superiori di questa auto giocattolo e cominciava a delinearsi l'idea che non si trattasse di una Giulietta Spider, quanto piuttosto di una Sprint.

Completato l'acquisto di materiale praticamente inutile. Il signor Michele mi dice che il vecchietto che li aveva portati fin lì con un piccolo carrello: "Ha fatto almeno cento viaggi. Veniva. Lasciava qualcosa e se ne andava." A quel punto domando: "Signor Michele, ma i copertoni dove li avete messi?". "Ma che... scherzi? La gomma è rifiuto speciale, l'ha portata un paio di volte ed io gliel'ho fatta riportare indietro!" Questa esclamazione poteva anche inorgoglirlo, a me non fece altro che farmi sprofondare nella disperazione dell'effetto di quel gesto... dove l'avrei mai potuta completare una macchinetta ora?. Me lo chiesi dentro la mia testa. Ma il signor Michele mi diede il colpo di grazia: "Ma perchè non gliela vai a chiedere direttamente una macchina completa? Le voleva vendere al mio principale, ma lui non ne ha voluto sapere..."

LA STORIA DEL RITROVAMENTO- PARTE SECONDA: "Ma Lei adesso me lo dice? Dopo che mi sono comprato 604 chili di ferro vecchio?". Risposta serafica quanto ovvia. "Se Te lo dicevamo prima, te la saresti mai comprata tutta questa roba? Dove lo trovavamo un altro amatore?".

Meno male che prendo tutto a ridere. Anche ora, mentre scrivo e ci penso, mentre mi rivedo più giovane nelle foto che ha scattato il mio amico Stefano che mi accompagnò il secondo giorno della ricerca. Non posso negare a me stesso che quel ritrovamento aveva molta spontaneità e nessuna emozione celata. Quelle emozioni che spesso vanno racchiuse all'interno di noi stessi mentre si effettua un acquisto  o si rincorre un oggetto desiderato e che non possono fuoriuscire senza che, trapelando, denotino l'interesse ed amore smisurato che viene fuori per ogni singola insignificante cosa. Quelle stesse emozioni che Ti si ritorcono contro dal venditore d'esperienza che le usa abilmente, come arma di convinzione e di ricatto per l'acquisto ormai finalizzato e costosissimo.

Dove lo dovevano trovare un altro amatore? Ma cosa gli importava di trovarlo? Ne avevano già uno, che aveva spazzolato pure il pavimento prima di andare via...

Avevo abbastanza materiale per fare le mie deduzioni. Il giorno dopo restai a casa a ragionare su quello che avevo. Ma ero sempre più convinto che non ci avrei potuto fare molto.

Dopo un giorno di pausa, incurante della mia situazione lavorativa che avevo lasciato molto di canto, ritorno dal principale. Non mi da alcuna notizia, né speranza di sapere niente del titolare di questa fabbrica.

Il signor Michele è stato più gentile. Per questo ricordo ancora il Suo nome. Anche se non sono più sicuro che si chiamasse così.

Mi dice: "Vai alla porta più vecchia di quel palazzo. Se la trovi aperta, ci troverai anche il proprietario. E' il vecchietto che veniva a portarci il ferro." Lo saluto. Ricordo di avergli lasciato l'ennesima mancia per la contentezza. Gliele avevo date ogni giorno per assicurarmi che nessuno toccasse niente.  

Sono rimasto ogni mattina ed ogni pomeriggio dell'intera settimana in prossimità di quella strada in attesa che qualcuno apparisse.

L'ho sempre trovata chiusa e nessuno attorno ne sapeva niente. Desistetti. Deduzioni circa come doveva essere... ne avevo tante. Anche perchè nel materiale che avevo raccolto si erano palesati: prototipi, oggetti difettosi e qualche vettura colorata!

Passato oltre un mese dall'ultimo giorno in cui mi ero recato in zona, quasi per caso, il portone a due battenti in legno era spalancato. Qualcuno armeggiava all'interno. Non era solo. Erano in due. Padre e figlio. Anzi eravamo in tre. Mi presento.  Racconto in breve la mia storia. Il canuto inventore era già sul concetto della Sua invenzione, apre una scatola di CINZANO degli anni anni '50 o '60 e da questa scatola fuoriesce una scatola più piccola all'interno della quale una macchina lucente, ma soprattutto completa di ogni sua parte!  Invano l'ingegnere tenta di spiegarmi come funzionasse il suo gioco. Lo incalzavo stretto. Lo studio lo avevo già fatto a casa. Suo figlio lo interruppe dicendo:"Papà, ma non vedi che il signore lo sa benissimo come funziona la tua macchinetta?".

Non c'erano solo le macchinette complete. C'erano anche le grandi macchine industriali con cui erano state realizzate le piccoline... realizzo che quella non era solo la bottega, ma la fabbrica.

Nel retrobottega delle scatole piene di macchine già verniciate, ancora avvolte nella carta di giornali di moda, domeniche del corriere, riviste varie. Non si respirava solo aria di vecchio. Si percepiva cosa era successo. Non vi era più traccia delle tre signorine che avevano contribuito al montaggio di quello che da lì a poco avrei comprato nell'interezza e che ho soprannominato "mezzo metrocubo di fallimento": duecento scatole contenenti macchinine di colore rosso e di colore blu. Questi erano i due colori che l'ingegnere in  persona mi aveva promesso di vendermi. Sabato di quella stessa settimana, mi recai da lui. Arrivato alle 15:30 uscii da quella casa alle 22:30, dopo aver saputo più aneddoti di quanti potessi ricordarne di questo personaggio eclettico che nella sua vita ha fatto un po' di tutto e sicuramente la parentesi di costruttore è stata pari ad una frazione infinitesimale dei suoi impegni. Al punto che lo stesso ingegnere non pensò affatto di ricordare bene tutto. Non trovai duecento macchine, ne trovai di più e non trovai due soli colori. Trovai molte sfumature di verde. A mio avviso perchè l'ingegnere non disponeva di un colore unico e probabilmente la  mescolatura gli venne ardua da configurare perfettamente. Ma dato ciò che trovai, probabilmente non mi volle raccontare tutto...

 

 

 

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